Fini: "Prenderemo i voti dei delusi dell'Udc"
Ne è convinto il presidente di An, che ieri ha parlato a tutto campo, prima alla radio, poi in un convegno al Campidoglio e, infine, a «Porta a Porta». «Non è detto che Casini porti via voti al Pdl. È possibile che ne porti via al Partito Democratico. È possibile anche che il Pdl prenda voti di chi nell'Udc non ha capito la scelta di Casini», ha detto Gianfranco Fini a «Radio Anch'io». «Sono tre le sigle che si dichiarano di centro ma non riescono a trovare un'intesa - ha sottolineato - diventa difficile così per loro presentare un messaggio politico credibile». Fini ha spiegato di credere «nell'intelligenza degli elettori. Un elettore - ha aggiunto - sa bene che al Senato il suo voto deve garantire la governabilità, quindi non penso che voti per il partitino che vota solo per onor di firma. Io credo che il riferimento al "voto utile" sarà ben presente nella testa degli elettori». Il presidente di An ha affermato di considerarsi un socio fondatore del Pdl e, in merito al suo eventuale futuro da leader del Partito, ha specificato: «Sono convintamente repubblicano, quindi non mi interessano eredità o dinastie». Illustrando, inoltre, la dinamica della sua adesione alla nuova forza politica del Cavaliere, Fini ha ribadito di non aver cambiato idea. «Dopo l'annuncio di piazza San Babila io rifiutai di confluire nel Pdl - ha ricordato - Oggi la situazione è diversa. La proposta è una sola lista, un solo gruppo parlamentare, e poi insieme contribuire a fare un nuovo partito. Contribuire è cosa diversa dal confluire nel nuovo partito. Resto contrario a una confluenza. Ora stiamo discutendo insieme di liste, programma, regole, gerarchie, linee guida. La stessa condizione è stata offerta a Casini, che ha detto di no». In tarda mattinata, durante l'intervento a un convegno sull'emergenza-casa organizzato in Campidoglio, Fini ha voluto dire la sua su Rutelli e Veltroni. Il primo, secondo il presidente di Alleanza Nazionale, «ha la presunzione di presentarsi come nuovo, ma tanto nuovo non è perchè è già stato sindaco». Il secondo dice «sconsolanti banalità» quando promette di ridurre le tasse, perché «sappiamo tutti che a Roma ci sono le imposte comunali più alte d'Italia». Nel pomeriggio, nello studio di «Porta a Porta» Fini si è confrontato con il presidente della Camera. Un botta e risposta sul tema della precarietà nel lavoro. Fini ha sostenuto che, «se un piccolo imprenditore, dopo i sei mesi di prova di un lavoratore, ha finito le commesse o se quel lavoratore non è bravo, io credo che l'azienda abbia il diritto di non assumere». Fausto Bertinotti ha replicato: «Ma allora tu vuoi la precarietà? Io invece credo che un'azienda che assume uno in prova per sei mesi, se è bravo poi debba tenerlo». «Questo - ha controribattuto Fini - non è un concetto da stabilire per legge, se un lavoratore è bravo stai certo che il lavoro lo trova subito». Sempre in tema di lavoro, l'ex ministro degli Esteri ha sostenuto che «la legge Biagi merita di essere modificata con l'introduzione degli ammortizzatori sociali e garanzia di copertura tra un contratto e l'altro». La proposta di Fini per aumentare il potere d'acquisto è di introdurre il quoziente familiare: «Ci deve essere la riduzione del carico fiscale non solo sulle aliquote delle persone fisiche, ma introducendo il quoziente familiare», ha detto. Il presidente di An ha affrontato anche la questione previdenziale, sostenendo che «l'età pensionabile va elevata, perchè non ci possiamo permettere il lusso di avere pensionati di 55-56 anni». L'alternativa? «Se non interveniamo - ha paventato Fini - rischiamo di assistere al collasso dell'Inps e di altri enti previdenziali».