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Gli ultimi comunisti divisi come nel '21

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Il Partito comunista dei lavoratori fondato da Marco Ferrando e Sinistra Critica di Franco Turigliatto e Salvatore Cannavò non hanno trovato un accordo. Non era impossibile. Anzi. Ambedue le formazioni, capeggiate da «reduci» del Prc, sono percorse da un forte spirito anticapitalistico, pacifista e antiberlusconiano. Ad unirle c'era anche il duplice ruolo alternativo nei confronti del Partito democratico e della Cosa Rossa. E l'intenzione di caratterizzare visivamente i loro simboli con quella falce e quel martello cancellati dalla coalizione guidata da Fausto Bertinotti. Ma le distanze fra il mini-partito del trotskista Ferrando e il mini-movimento dei dissidenti Turigliatto e Cannavò sono risultate, inspiegabilmente, insormontabili. Non solo. Il partito comunista dei lavoratori si presenta con slogan palesemente critici nei confronti dei «compagni» che si sono sporcati le mani con il governo del Professore, come «La sinistra che non tradisce». Spiega Ferrando: «Siamo l'unico partito di sinistra che per due anni si è opposto a Prodi, che non si è compromesso con il tradimento delle speranze dei lavoratori e degli elettori e siamo stati i primi a dire che il governo della Confindustria e dei banchieri avrebbe colpito i lavoratori e aperto la strada al ritorno delle destre». Un «primato» che «gli altri» non possono rivendicare. «Sinistra critica vuole creare un movimento, la sua è un'ottica più congiunturale e movimentista, ma i movimenti sono stati usati dalla sinistra di governo come merce di scambio per raggiungere un'intesa con i poteri forti - sottolinea il leader trotskista - Noi, invece, non siamo elettoralisti e vogliamo costruire un partito con un programma reale e obiettivi concreti». E se gli si fa notare che il senatore e il deputato suoi ex compagni si sono ribellati più volte alla linea dell'esecutivo prodiano e lo hanno sfidato in Parlamento per poi addirittura abbandonare Rifondazione, Ferrando non cede di un millimetro. «Certo, quando la nave affondava, la scialuppa ha cercato di salvarsi, che è anche un fatto positivo - osserva ancora - ma le nostre storie e le nostre prospettive sono diverse. Io dico sempre e comunque "no al trasformismo", ognuno deve presentarsi per quello che è...». Da «Sinistra critica», invece, arriva una versione del mancato matrimonio elettorale che mette sul banco degli imputati il mini-rivale seguace di Trotski. «Abbiamo lanciato sul Manifesto un appello all'unità della sinistra anticapitalista e due settimane fa abbiamo proposto un'alleanza elettorale con un unico simbolo e un'unica lista e un patto di desistenza - racconta Salvatore Cannavò - Ferrando ha risposto negativamente, ha detto che siamo troppo riformisti. È prevalsa l'ansia di visibilità e le cose che ci univano, come l'alternatività al Pd e alla Sinistra Arcobaleno, sono passate in secondo piano». E poi giù una serie di cose che invece dividono i due «cespuglietti». I partiti, fa notare Cannavò, «sono frutto di un processo complesso e non si proclamano in 50»; non si va alle elezioni «per fare un partito bensì per portare avanti una proposta politica»; «noi siamo aperti ai movimenti e loro sono più (leggi troppo ndr) ideologizzati». E alle accuse di «complicità» con il governo unionista del Professore, Cannavò replica ricordando le fratture maturate in Parlamento: «Al primo fatto eclatante abbiamo rotto con Prodi e in Senato Turigliatto non ha votato l'Afghanistan, il Pacchetto Sicurezza e il Welfare. Più di giocarci la vita politica e parlamentare che dovevamo fare?». Insomma, anche se la storia della Sinistra è fatta di scissioni durature e fusioni provvisorie la mancata micro-unificazione non può che generare amarezza nei «militanti di base» e nei simpatizzanti (che poi sono quelli che vanno a votare). E amareggiato lo è anche Cannavò: «Chi ha rifiutato l'alleanza se ne assume la pesante responsabilità», dice. Poi si interrompe e, dopo una breve pausa, aggiunge: «Sa che penso, però? Che con quello che sta accadendo questa polemica tra nanetti è davvero ridicola». Parole sante. Anche perché, tra tanti nani, non si vede nemmeno una Biancaneve.

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