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La Chiesa ha scelto, questa volta non si sciererà

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Benedetto XVI

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Dopo 14 anni è in corso una trasformazione del sistema dei partiti che avrà una sicura incidenza sul futuro del Paese; un fatto, questo, di cui sono ben consapevoli nei Sacri palazzi, che monitorano giorno per giorno quanto avviene al di là del Tevere. Anche perché sembra davvero conclusa la fase di una presenza cattolica organizzata e autonoma nei due schieramenti. E va considerato che all'interno dei diversi partiti dei due schieramenti la Chiesa aveva diversi interlocutori: spezzoni di area cattolica o leader comunque attenti alle esigenze, alle proposte etiche e sociali della Chiesa. Ma oltre alla nascita del Pd e del Pdl, c'è un altro fattore inedito: il riproporsi di una forza politica di ispirazione cattolica autonoma dai due grandi partiti. I primi a rompere gli indugi sono stati quelli della «Rosa bianca», composta da Savino Pezzotta, Bruno Tabacci, Mario Baccini e Gerardo Bianco. A loro si affianca in queste ore Pier Ferdinando Casini con l'Udc. Il dialogo fra questi due soggetti è tutt'altro che impossibile. C'è poi il caso di Clemente Mastella e dell'Udeur. L'identità cattolica, insomma, è scampata allo tsunami. Da parte delle gerarchie ecclesiastiche il tentativo è stato quello di far sopravvivere un soggetto politico che in qualche modo si ricollegasse alla storica presenza organizzata dei cattolici nell'agone politico. Da qui, anche, la resistenza di Casini a non sciogliersi nel Pdl. All'indomani dell'apertura della crisi dalla Conferenza episcopale italiana è partito un messaggio preciso: fare un accordo su una legge elettorale proporzionale di modello tedesco; questa opzione avrebbe consentito a un piccolo ma robusto raggruppamento cattolico di avere un ruolo importante nel nuovo Parlamento. Così Avvenire, il quotidiano della Cei, perorava «un governo di scopo» per fare in primo luogo la riforma elettorale e se possibile alcune altre riforme istituzionali. Basta con questo bipolarismo diceva a sua volta l'agenzia stampa dei vescovi. Toccava poi al cardinale Tarcisio Bertone chiedere un accordo fra i partiti prima del voto, quindi il Segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Betori, si esponeva in modo più esplicito. Mentre lo stesso Betori non dava né un «placet», né un «non placet» alla Rosa bianca di Pezzotta ma confermava l'impostazione tradizionale della Chiesa che lasciava ai laici la scelta di determinare le forme della loro presenza politica. Eppure l'accelerazione imposta agli eventi con la formazione di due nuovi grandi partiti, la corsa al posizionamento in vista dell'appuntamento elettorale, faceva saltare l'ipotesi di un accordo di «larghe intese» per la riforma del sistema di voto e spalancava la via delle urne. Camillo Ruini ha cercato in questo frangente di salvare la presenza di un simbolo cattolico - quello dell'Udc - nell'area del centrodestra, ma l'oggettiva novità del Pdl, metteva definitivamente in crisi l'ipotesi di un presenza autonoma dell'Udc che rimanesse però organicamente alleato con il Pdl. Insomma, in un breve lasso di tempo la strategia tessuta per 15 anni dalla Chiesa sembra essere entrata in crisi; solo un eventuale successo di voti della Rosa bianca, condizionato probabilmente al raggiungimento di un accordo con l'Udc, potrà capovolgere questo dato di fatto. Rimane il fatto che la presenza cattolica ha in parte scelto di essere dentro i due maggiori partiti che si apprestano a giocare la competizione elettorale. In un quadro già complesso interveniva anche la provocazione di Giuliano Ferrara con la sua lista per la moratoria sull'aborto. Qui la Chiesa preferisce non parlare troppo, insomma prudenza.

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