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«Siamo nella costola italiana del Ppe»

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Anche se a sancire ufficialmente la «svolta» sarà un congresso che si terrà fra un anno. Una via di uscita, sottolineano gli uomini vicini a Fini, che il leader di An si vuole tenere nel caso Berlusconi possa avere qualche ripensamento, dopo le elezioni, sul cammino del Pdl. Ma per il momento tutti sono sicuri che la via è quella di un partito solo. ma l'elettorato gradirà questa trasformazione? Silvano Moffa, deputato ed ex presidente della provincia di Roma non ha preoccupazioni. «L'accelerazione c'è stata, non c'è dubbio — spiega — ma è quello che la gente ci chiedeva. Possiamo veramente dire in questo modo di aver dato una risposta al problema dell'antipolitica. Gianfranco ha capito che questa era la strada da seguire, non c'erano alternativa. E tutti i sondaggi ci dicono che non peredremo voti, anzi...». E da parte sua Gianfranco Fini non offre pannicelli caldi al popolo post-missino: dice a chiare lettere che la via è quella del Pdl «che è il centrodestra italiano, la costola italiana del Ppe europeo, non certo solo un accordo politico elettorale ma un soggetto politico unico, per la prima volta nato per volontà del popolo sovrano e non da fusioni o scissioni». Poi però assicura che «i valori della destra saranno pilastro del programma del Pdl. Sono i valori di Fiuggi, gli stessi del Ppe». Proprio per questo, nel giorno in cui di fatto scioglie An, Fini attacca a testa bassa Pier Ferdinando Casini, che in contemporanea annuncia la sua corsa solitaria e dice «non tutti sono in vendita». «Trovo incomprensibile che l'Udc non contribuisca a questo progetto: la sua è una scelta sbagliata, dettata da valutazioni opposte all'interesse generale e degli elettori moderati che Casini dice di voler rappresentare», lo boccia Fini. Altro bersaglio di Fini è il Pd di Walter Veltroni: «Un bluff, non il nuovo ma il nuovismo, il buonismo fino a sè stesso, politica stantia, culturalmente vecchia, che scopiazza gli slogan di Kennedy ed Obama». E il programma? «Una fotocopia di ciò che il centrodestra propone ed ha realizzato, a partite da infrastrutture, meno tasse e pacchetto sicurezza. Ma gli italiani non preferiranno all'originale la fotocopia». Così, la direzione di An dice un sì unanime all'ingresso nel Pdl, convinta che non sarà un grande partito di centro con una destra accessoria. I colonnelli, da Gasparri ad Alemanno, elogiano anzi il «coraggio» del leader nel prendere decisioni, nel governare la direzione della nave di An. «Per essere uomini di destra non ci servono fiamme, ma bisogna incarnarne i valori», si limita ad esortare Alemanno, chiedendo il congresso. E se mugugni ci saranno, per La Russa sarà fisiologico: «C'è stato chi ha detto che il Msi tradiva il fascismo, che An tradiva il Msi, si dirà ora che il Pdl tradisce An...». Fini convince, spiegando che il Pdl ha le sue radici «già nel partito di sintesi che nacque con la svolta di Fiuggi» ed è coerente con quel bipolarismo compiuto cercato da An con l'appoggio a ben due referendum. Ma cosa è cambiato rispetto al «No» al Berlusconi a Piazza San Babila? «Tutto — assicura Fini — perché non ci si chiede di annetterci, ma di scrivere insieme liste, programmi, regole». L'ultimo colonnello va via dopo la direzione e legge invece i fatti con più cinismo: «Oggi tutti d'accordo perché è tempo di liste e bisogna essere candidati. Il dissenso verrà fuori dopo, magari da parte di chi non sarà eletto o accontentato».

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