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Il popolo dei Circoli reclama «Silvio portaci alla vittoria»

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E ci sono quelli che sono arrivati dal Piemonte, in tanti da Cuneo. E soprattutto dal Veneto, quella che oramai è diventata la vera roccaforte dei Circoli di Michela Vittoria Brambilla. È il popolo delle Libertà, disordinato, rumoroso, festoso, spontaneo, genuino. Arrivano in massa qui al teatro Nuovo stracolmo, nella ormai più che mai emblematica piazza San Babila in una Milano insolitamente assolata. Si litiga per qualche centimetro quadrato dal quale si riesca a vedere il maxischermo. Dentro, in sala, è tutto pieno. Fa caldo da non respirare. Niente bandiere di partito, se ne vede soltanto una di Forza Italia. Qualcuna dei Circoli. Nel Popolo dei Circoli c'è un po' di tutto. Ci sono i gay lib, gli omosessuali liberali che chiedono l'istituzione di un registro delle unioni omoaffettiva, che però non sono i Dico. E c'è Maria del Forum delle associazioni familiari che raccoglie le firme per una «maggiore equità fiscale». E c'è Maria Ottochiani, triestina: «Mio marito - ci tiene a far sapere - è il fratello del direttore della Caritas di Roma». Lei ha organizzato una vera a propria festa di piazza, nel capoluogo giuliano, con tanto di gazebo per brindare alla caduta di Prodi. È un popolo popolare. Parla Berlusconi dal palco e gli urlano dalla sala. Strillano dagli spalti come fossimo allo stadio. Suggeriscono dalla platea come se fosse il cafè chantan di un tempo. Tanto che lo stesso leader è costretto a rispondere in tempo reale. O, divertito da questo quasi colloquio diretto: «Ho capito, ho capito», dice diretto a una signora dal pubblico che chiede meno tasse. Forse infastidito dai continui suggerimenti di un signore nelle prime file, avverte girando su un lato: «Guardi che non sono mica sordo dall'orecchio destro». Ed è costretto a intervenire direttamente quando qualcuno grida: «Non prendiamoci Mastella». Il Cavaliere mette subito le mani avanti: «Mastella ci ha fatto cadere il governo Prodi e noi siamo persone riconoscenti, rispettiamo la parola data». Ci sono tanti giovani. Quanti sempre meno si vedono alle manifestazioni politiche. C'è Michele, che viene da Reggio Calabria: «Alla Bocconi, assieme agli amici abbiamo messo su anche un Circolo delle Libertà per liberarci da questo governo». C'è Mario che avverte: «Abbiamo aspettato tutti questi mesi, il piatto della vendetta va servito freddo. E adesso ce lo gustiamo». Arriva Berlusconi e viene issato uno striscione eloquente: «Cavaliere, portaci alla vittoria». C'è poco partito, poca Forza Italia. Non ci sono parrucconi per dirla con il Cavaliere. Le prime file non sono assegnate come di consueto alle autorità. C'è la vecchia guardia berlusconiana con Niccolò Querci. E la nuova, la nuovissima come Maria Stella Gelmini, la trentaquattrenne coordinatrice regionale di Forza Italia, una dei pochi che nel partito non si è opposta all'ascesa dei Circoli. Popolo spontaneo, tifoso, anomalo, imprevedibile, battutaro. L'argomento del giorno è Casini. In un angolo un gruppetto parlocchia. Fa una ragazza in accento lumbard: «Te lo ricordi lo slogan di Casini?». «Come faceva?», gli domandano. «Io c'entro», risponde lei. E un altro: «Era perfetto se ci metteva sopra la bella foto di un culattone». Risate. Si scherza e ci si infiamma. Quando il Cav sventola il caro vecchio anticomunismo. Quando attacca il governo. Si fa il tifo quando la sala scandisce i nomi dei beniamini: «Mi-che-la, Mi-che-la, Mi-che-la». Oppure «Sil-vio, Sil-vio». Rispetto alla convention di ottobre la Brambilla mantiene un comportamento più sobrio, non ci sono più altoparlanti che annunciano il suo arrivo come se fossimo a un concerto: «Sta arrivando», «è nel parcheggio», «sta per salire sul palco». No, non c'è più tutto ciò. Allora bisognava dimostrare che i Circoli davvero esistevano, non erano fantasmi. Oggi quell'epoca è passata, i Circoli della Brambilla sono stati l'avanguardia del popolo delle libertà. F.d.O.

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