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Berlusconi: «Il leader del Pd è Prodi»

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Racconta della madre, appena scomparsa. E della fine di quella di Fini, dell'abbraccio con Gianfranco e della confessione che gli ha fatto: «Mi ha detto che la madre gli ha detto negli ultimi tempi: "Gianfranco, non ti preoccupare, ci sarà un paradiso delle mamme"». E ancora: «Ai giovani dico di avvicinarvi ancora di più alla vostra mamma che è la persona che in assoluto vi vuole più bene». Si commuove. Poi torna a sorridere. A strigliare. A dettare le linee della prossima campagna elettorale. Non cita mai Veltroni ma lo attacca. Chiama in causa «il vero leader del Pd», Romano Prodi. Rivela che la Lega rinuncerà a prendere qualche voto pur di non rubacchiarne alla coalizione: «Presenterà il suo simbolo soltanto dove è forte, dunque non ci sarà dalla Toscana in giù». Silvio Berlusconi sceglie la convention dei Circoli delle Libertà del Nord Italia per aprire di fatto la sua campagna elettorale. Convention che si tiene al Teatro Nuovo di piazza San Babila a Milano, la piazza del predellino, la piazza dove è nato il Popolo delle Libertà. «In politica nulla accade per caso», dice gongolante ed emozionata Michela Vittoria Brambilla, la presidente dei Circoli. E lui rilancia: «Con Gianfranco Fini stiamo realizzando un sogno che abbiamo da quindici anni». E di sogno che si realizza, che diventa realtà parla anche la Brambilla, che appare anche visibilmente emozionata. La manifestazione è anche l'occasione per incrociare le lame con Walter Veltroni. Berlusconi gli fa gli auguri auspicando che il Pd sia «un partito di sinistra veramente democratico e veramente europeo». Ma ridimensione la scelta del suo sfidante di andare da solo, una scelta «necessaria» per Veltroni, «indispensabile - spiega il numero uno del centrodestra - per sottrarsi all'abbraccio mortale dell'estrema sinistra». Spiega che «i laburisti in Inghilterra hanno fatto questa scelta negli anni Trenta, i socialdemocratici in Germania nel 1959». In Italia si arriva tardi («Era ora che cominciassero a capire qualcosa»), dopo il fallimento del governo Prodi. Già, Prodi. Continuamente chiamato in causa. Il suo nome quasi risuona ad ogni attacco del Cavaliere: «Il Pd è il partito di Prodi», «Fanno di tutto per farlo dimenticare ma è lui il presidente del Pd». E ancora: «Ha fallito Prodi, poi ha fallito l'Ulivo, poi ha fallito l'Unione, hanno fallito anche se hanno messo le mani su tutte le istituzioni. Come pensavano di poter chiedere ancora la fiducia degli italiani». Ricorda il disastro dei rifiuti, che diventerà uno dei leit motiv della campagna elettorale. Prende di mira Bruno Tabacci, le sue continue presenze in tv: «Siamo stanchi di questo baraccone, di questa compagnia di giro che si vede in televisione». E ricorda: «Il signor Berlusconi quando si è presentato a Milano ha preso cinquantasettemila voti, Tabacci appena settecento, praticamente l'ha votato solo la sua famiglia». Il finale è un grido: «Rialzati Italia». Certamente lo sentiremo spesso in questa campagna elettorale.

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