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È già iniziata la guerra per il «dopo-Fini»

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I due si lasciano andare nel finale e la buttano quasi a ridere. Domanda l'impertinende intervistatore: «Che cosa vuoi fare da grande? Il sindaco di Roma?» E l'ex ministro delle Comunicazioni frena: «Non voglio fare il sindaco di Roma, no, non voglio farlo». E che vuoi fare, insiste il giornalista: «Voglio fare il presidente di Alleanza nazionale», confessa candidamente Gasparri. E Adinolfi: «Ci sarà un giorno che Fini non sarà presidente di An?». Gasparri: «Se fa il sindaco di Roma o il presidente della Camera non è che se ne deve andare, non equivochiamo. Probabilmente non sono compatibili... L'altra volta Fini non fece il presidente della Camera, ne discutemmo, proprio per non lasciare il vertice del partito. Convenimmo che era utile che rimanesse al vertice di An, e fece il vicepresidente del Consiglio. Perché il presidente della Camera, Bertinotti docet, non può fare il presidente di un partito». Il tono è scherzoso, gioviale. Di sfottò reciproco. Diciamo di cazzeggio puro. Era l'inizio di novembre, Berlusconi annunciava spallate che ci sarebbero state di lì a poco. Si diceva una settimana al massimo. Nei piani alti di An nessuno ci credeva. Anzi, tutti aspettavano il fallimento e già si preparavano a presentare il conto. Dunque, le elezioni non sembravano alle porte. Tantomeno si immaginava Fini presidente della Camera. In tre mesi tutto è cambiato, Gianfranco sullo scranno più alto di Montecitorio non è più un sogno: è sempre più realtà. E dunque è sempre più vicino il suo abbandono (forse momentaneo) dal vertice del partito. E forse è proprio per questo che novanta giorni dopo lo stesso Gasparri cambia tono: «Ma per carità. Smettetela con questi giochini. Fate solo il male di An. Tutti questi saliscendi della politica. Oggi quello che conta è la campagna elettorale, sono figlio di militari e penso solo a quello. Bisogna vedere se vinciamo e dopo, nel caso, che cosa intende fare Fini. Se vuole ne riparliamo fra altri tre mesi». Click. Tre mesi, però, viaggiano in fretta. E i movimenti sono già cominciati da tempo. Spiega un finiano doc: «Rispetto al 2001 c'è un elemento che è cambiato. Allora ci fu la corsa ad andare al governo. Salvo poi rendersi conto che il partito non si poteva abbandonare, lasciare così. Infatti si corse ai ripari scegliendo La Russa, ma troppo tardi». Stavolta non sarà così. Ad ottobre Fini ha siglato la pace con i colonnelli, che di fatto sono rimasti in quattro, tutti inclusi nell'ufficio politico: Altero Matteoli, Gianni Alemanno, Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri. 'Gnazio è in pole position per andare al governo, lo aveva espressamente richiesto l'altra volta ma nonostante due rimpasti per lui la corsa s'è fermata sull'uscio di Palazzo Chigi. Gli altri sono stati già ministri, gli cederanno il passo. La corsa sembra essere a tre. Anzi, a due. Perché solo Gasparri e Alemanno hanno i grandi numeri nel partito per poter contare. E infatti tutt'e due sperano in una convocazione del congresso, che non si svolge dall'aprile 2002. Ma qui i calcoli si complicano. L'ex ministro è ora alle prese con la candidatura a sindaco di Roma. È l'unico nel centrodestra che tifa per l'election day. Se ci sarà, si candida. In questo modo, se perde dopo può sperare di finire nel totoministri. Altrimenti, le Comunali si svolgono dopo e Alemanno rischia di essere fuori da tutti i giochi. Discorso diverso per Gasparri, che dopo quattro anni al governo certamente stavolta non ci tornerà. Per lui è pronto il posto di capogruppo alla Camera. Un incarico di partito ma di scarsa agibilità se il presidente dell'aula sarà anche il suo leader. Si va verso una sfida Gasparri-Alemanno? Possibile, sarebbe lo scenario più probabile. Ma anche quello che Fini maggiormente eviterebbe perché porterebbe alla spaccatura del partito. «An rischierebbe di diventare una mela - evidenzia un deputato il linea con il capo -. E se non c'è lui, Fini non consentirebbe una rottura. Sfida di idee sì, ma così diventerebbe uno scontro all'arma bianca». Proprio per questo il leader potrebbe preferire Matteoli, il quale comunque è già stato al governo due volte. Oppure potrebbe ripescare Adolfo Urso, di sicura fiducia, tagliato dal giro del big. Che farà Fini? Innannzitutto bisognerà capire se cederà la poltrona di presidente di An oppure se la manterrà (ma né Bertinotti né prima Casini hanno mantenuto incarichi) e consentirà all'istituzione di un segretario politico. Da fuoriclasse qual è non ha ancora scoperto una carta. E, come al solito, si gode gli altri che s'arrovellano a cercare soluzioni, a disegnare scenari, a spartirsi poltrone che ancora non hanno. Soltanto all'ultimo secondo farà capire le sue intenzioni e non si può escludere che conservi una sorpresa che sparigli i giochi. Non sarebbe la prima volta.

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