Marini all'ultimo round. Pronto a gettare la spugna

Marini dovrà cercare di vincere le resistenze di Berlusconi contrario a un nuovo governo per una nuova legge elettorale. Tornato per un giorno di pausa nella sua L'Aquila, dove ha festeggiato il compleanno di un'anziano zio, frate francescano, Marini si è detto «ottimista»; ma nulla lascia immaginare scenari diversi dal fallimento del tentativo affidatogli da Napolitano. Chi ha parlato con Marini assicura che il presidente del Senato vuole giocarsi la partita fino all'ultimo minuto: i contatti informali con l'ambasciatore del Cavaliere Gianni Letta sono proseguiti anche ieri, ma Marini sa che dovrà giocarsi tutte le sue carte nel momento in cui potrà guardare negli occhi Berlusconi. Se però il leader di forza Italia sarà irremovibile, Marini non avrebbe altro da fare che tornare al Quirinale. «Se non ci saranno le condizioni, l'intendimento del presidente del Senato è di rimettere il mandato nelle mani del capo dello Stato», spiega il presidente della commissione Affari Costituzionali del Senato Enzo Bianco, che in questi giorni di consultazione ha affiancato il presidente incaricato nella sua veste di padre della bozza sulla legge elettorale. La linea di Forza Italia non si è spostata di un millimetro rispetto al «niet» dei giorni scorsi. «Noi siamo in linea con quello che chiede la gente: bisogna tornare alle urne per dar vita a un governo efficiente, serio e concreto», ribadisce ancora una volta il portavoce di Berlusconi Paolo Bonaiuti. Insomma, nel centrodestra le elezioni sono date ormai per scontate. Tanto che il leghista Roberto Calderoli propone di festeggiare il 6 febbraio, «giorno del probabile scioglimento delle Camere» ; e anche il segretario Udc Lorenzo Cesa avverte che «il tempo è ormai scaduto». Ma non tutti sono convinti che l'attuale opposizione vincerà in modo plebiscitario. E qui si apre il capitolo su quello che potrebbe accadere dopo il voto. Secondo il leader dell'Udc Pier Ferdinando Casini «nessuno è in grado di stravincere le elezioni». Ci sarà un'affermazione contenuta di una delle due coalizioni, come sempre più spesso nei paesi europei, «dove a due mesi dalle elezioni uno dei poli è in vantaggio di 10-12 punti, ma più si avvicina il voto più quel margine si assottiglia». E dunque «ci vorrà una legislatura costituente»; l'idea di Casini è quella di un accordo bipartisan, che parta già durante la campagna elettorale, che lui auspica si svolga «senza fuochi d'artificio». A sinistra quasi nessuno si sbilancia sul successo di Marini. Il massimo della fiducia viene dal numero due del Pd Dario Franceschini, secondo il quale «il tentativo del presidente del Senato non è ancora finito».