Niente accordo, Napolitano si ferma
{{IMG_SX}} [...] nello studio alla Vetrata 19 delegazioni parlamentari, i presidenti di Camera e Senato e i suoi tre predecessori al Quirinale Carlo Azeglio Ciampi, Oscar Luigi Scalfaro e Francesco Cossiga.Al termine della maratona, Napolitano ha congedato i giornalisti dicendo di volersi prendere una «pausa di riflessione» di fronte a una situazione che è «complessa» e spiegando che, qualsiasi sarà la sua decisione, verrà motivata con una comunicazione. L'impressione, comunque, è che il Capo dello Stato sia ancora intenzionato a cercare una soluzione che eviti di andare a votare con l'attuale legge elettorale. La sua intenzione sarebbe quella di affidare l'incarico a Giuliano Amato (anche se l'alternativa di Franco Marini resta in piedi), per mettere insieme una maggioranza in grado di far approvare le riforme. Il fatto è che l'alternativa, quella di un governo di larghe intese che approvi le riforme istituzionali, sembra del tutto tramontata di fronte al no di Silvio Berlusconi, al quale si è aggiunto quello di Pier Ferdinando Casini. Finora il leader dell'Udc era stato sponsor di un governo «di pacificazione», ma ora, davanti all'insistenza del Cavaliere, sembra essersi convertito al partito delle elezioni. Partito a cui è iscritto da tempo Gianfranco Fini che, infatti, ha confermato il suo allineamento definendo «delittuoso» qualsiasi ritardo delle elezioni. Intanto ieri al Quirinale sono sfilate le delegazioni dei due partiti maggiori: quella di Forza Italia, guidata da Silvio Berlusconi, e quella del Pd, con alla testa Walter Veltroni. Di fronte a Napolitano, e poi fuori, davanti alle telecamere, i due leader hanno spiegato le loro opposte posizioni. Il leader azzurro ha chiuso la porta a ogni ipotesi di governo di larghe intese. Ma le sue obiezioni non hanno smosso Veltroni che ha rilanciato con due proposte: o un governo di più lungo respiro, per cambiare legge elettorale, riformare la Costituzione, affrontare l'emergenza salari, tagliare i costi della politica e votare nel 2009; oppure un governo a scadenza più breve, pochi mesi, per scrivere le nuove regole elettorali e andare al voto a giugno. Ma gli azzurri sentono puzza di bruciato e temono un «governicchio» che nasce con pochi voti di margine e poi sopravvive a se stesso e allontana le elezioni. Gli unici, nel centrodestra, che avrebbero voluto raccogliere gli inviti di Veltroni al dialogo erano quelli dell'Udc. Ma di fronte al niet di Berlusconi, anche Casini si è adeguato e ha accettato la prospettiva delle elezioni. «Abbiamo cercato di lavorare per un atto di pacificazione delle parti - ha detto - ma poiché le disponibilità necessarie non sono maturate, tanto vale non perdere tempo e andare verso le elezioni anticipate, perché a nessuno servono governicchi o pasticci». Di qui la marcia indietro, nel giro di poche ore, del suo collega di partito Mario Baccini, che si era detto pronto a votare un governo Marini. I centristi lasciano comunque una porta aperta. Rocco Buttiglione fa sapere che un governo tecnico guidato dall'attuale presidente del Senato potrebbe ricevere i voti per portare il paese alle elezioni. Ce n'è abbastanza per suggerire un chiarimento a quattr'occhi tra Berlusconi e Casini, che si vedranno oggi con l'obiettivo forse di chiudere platealmente la partita. Nel frattempo, i sospettosi leghisti chiedono che, se ci sarà un incarico di governo, tutto il centrodestra «rifiuti di partecipare a nuove consultazioni».