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Napolitano non convince nessuno «Per ora sintesi impossibile»

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«Adesso è impossibile qualsiasi anticipazione e sintesi. Attendo — ha detto il capo dello Stato — di svolgere, lunedì e martedì, altre consultazioni, di crescente importanza, vista la dimensione dei gruppi parlamentari convocati». Ma l'obiettivo del Quirinale resta uno solo: convincere Berlusconi ad accettare di entrare in un governo di transizione che possa fare la riforma elettorale. E solo dopo si potrà andare alle elezioni. Napolitano sa che l'impresa è difficilissima, che il Cavaliere pensa solo ad andare al voto entro la primavera. E senza di lui non c'è alcuna possibilità di formare un esecutivo di transizione. I numeri non ci sono, neppure se l'Udc e Casini decidessero di appoggiarlo con il Partito Democratico e qualche pezzo della sinistra che ci vuole stare. Però Napolitano spera che davanti al suo invito, fatto a quattr'occhi, il leader di Forza Italia non abbia il coraggio di tirarsi indietro. E a quel punto potrebbe scattare l'ora di Gianni Letta come presidente del consiglio di «garanzia». L'ex sottosegretario in questi giorni si è sentito con Veltroni e sta cercando di convincere il leader di Forza Italia a seguire questa strada. Dunque bisogna aspettare domani ma soprattutto martedì, quando Napolitano riceverà proprio Walter Veltroni e Silvio Berlusconi. Il Quirinale intanto fa di tutto per sdrammatizzare la situazione. Il Capo dello Stato ha deciso di mantenere gli impegni compatibili con gli orari delle consultazioni e ha difeso il ritmo degli incontri, più distensivo dell'ultima volta: «Abbiamo scandito un calendario dando spazio a tutti e sentendo tutti in tempi ragionevoli». La crisi si è aperta solo 48 ore fa e si avverte ancora la furia e la tensione dello scontro politico, come ha riconosciuto anche Clemente Mastella, dopo l'incontro con Napolitano: per evitare il voto immediato, ha detto, «deve cambiare il clima. Si deve rasserenare. Noi abbiamo fatto le nostre proposte. Ci deve essere, quando ci sarà, come ci sarà, un raffreddamento delle tensioni». Questo ancora non c'è, come s'è visto poco dopo dal veto di Fabio Mussi (Sinistra Democratica): «Uno dei punti fondamentali di un governo a termine di breve durata deve essere la decenza. È impensabile che di un eventuale governo a termine possano far parte i trasformisti che hanno rovesciato Romano Prodi e il centrosinistra tradendo il mandato degli elettori». Un no chiarissimo a Mastella e Dini. C'è diffidenza fra i possibili contraenti del patto di cui si parla. Roberto Villetti (Socialisti) teme che la riforma elettorale sia un escamotage per togliere Prodi da Palazzo Chigi e andare a votare con un altro governo più gradito al centrodestra. Inoltre, per Villetti non vale la bozza Bianco, mentre Mussi si richiama proprio ad essa. E nessuno vuol sentir parlare di governi «tecnici». Quanto alla base parlamentare, le formazioni minori non credono (o meglio non vedono di buon occhio) una possibile intesa Partito Democratico-Forza Italia. Esemplificando, Napolitano avrebbe magnificato le virtù del governo Ciampi, che affrontò, 14 anni fa, proprio un questione di revisione elettorale e una emergenza economica più grave di quella attuale. Napolitano ha preso molti appunti e ha detto la sua. Lui segnala da oltre un anno il problema della legge elettorale: con questa si rischia un'altra legislatura instabile e di corto respiro. Inoltre, non da ora, sollecita le forze politiche a farsi carico con maggiore responsabilità di problemi generali che vanno dalla ricerca all'economia, alla difesa. Questi e altri problemi non si risolvono in un giorno. Richiedono politiche che superano l'orizzonte di una legislatura e che dovrebbero proseguire anche quando cambia la maggioranza. Probabilmente Napolitano tornerà a parlarne ai gruppi parlamentari più grandi, domani e martedì. Poi deciderà. Intanto, continua ad aleggiare l'ipotesi di un ulteriore giro di consultazioni, o di un mandato esplorativo da affidare ad un'alta personalità che, secondo voci insistenti, potrebbe essere il presidente del Senato Franco Marini. Il quale però ieri ha nuovamente smentito qualsiasi su coinvolgimento: «Ripeto quello che ho detto ieri: io ho il mio lavoro e non cambio idea. Tutto è nelle mani del capo dello Stato».

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