Cuffaro si dimette FI «fiuta» la poltrona
Cala così il sipario sull'era Cuffaro in Sicilia, dopo un periodo ininterrotto di 6 anni e mezzo, segnato in modo particolare da quel processo che lo scorso 18 gennaio lo ha condannato a 5 anni per favoreggiamento. Cuffaro parla poco in Aula, e dice che in questi giorni ha visto diffondersi «una crescente ostilità». «Sarebbe stata insopportabile - aggiunge - l'idea di potere costituire, con la scelta di rimanere in carica, un fattore di divisione sociale». Poi spiega che, in attesa di una sentenza definitiva, ci sarà «una verità processuale e una sostanziale: mi batterò in tutte le sedi per affermare quest'ultima». Nel suo intervento non manca un riferimento all'«assoluta estraneità del mio agire alle finalità della mafia». Alle 13 e 25 finisce tutto. Cuffaro ripiega il foglio del suo intervento e tra i banchi della maggioranza parte l'applauso; l'opposizione invece rimane seduta. La caduta del governo Prodi e le dimissioni di Cuffaro aprono nuovi scenari politici che coinvolgono in primo piano la Sicilia dove in primavera si vota in sette Province su nove (faranno eccezione Trapani e Ragusa). Insomma, caselle che si liberano e che aprono un gioco a scacchi tra i partiti di tutte coalizioni. Nel centrosinistra si registra subito la disponibilità di Rita Borsellino a ricandidarsi alla presidenza della Regione. Nel centrodestra i nomi che si fanno sono più d'uno. Si parla dell'Udc Saverio Romano, fedelissimo del governatore dimissionario, ma anche di esponenti di spicco di FI come Angelino Alfano e Roberto Schifani. Il presidente del parlamento siciliano, Gianfranco Micciché, dice di escludere di potersi candidare perché «la Sicilia ha bisogno di una persona giovane e che abbia già dimostrato di essere capace di governare, integra e con la voglia di lavorare tanto. Meglio se donna». Da qui il nome dell'ex ministro Stefania Prestigiacomo che, secondo Micciché «non so se Stefania sia disponibile. Comunque se non fosse Stefania dovrebbe essere una identica a lei». Ma se Cuffaro ha lasciato la poltrona di governatore, di certo non ha abbandonato la politica. Si parla infatti di un Cuffaro già candidato alle prossime politiche, come dice tra le righe Lorenzo Cesa, segretario dell'Udc: «Fin dalle prossime elezioni saranno i siciliani a dire a tutta l'Italia se credono alla colpevolezza del loro presidente o al contrario lo ritengono, come tutti noi, un uomo buono ed onesto». Anche Pier Ferdinando Casini difende Cuffaro dagli attacchi e in particolare da quelli «comprensibili ma fuori luogo» del presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo. Casini apprezza la decisione presa «per senso delle istituzioni e per amore della Sicilia», e si dice sicuro che tra qualche mese, «quando Cuffaro sarà assolto da tutte le accuse, tanti sciacalli di queste ore saranno in prima fila a chiedergli scusa». A via Due Macelli pensano anche ad una candidatura di Cuffaro come capolista alla Camera o al Senato. D'altronde, il 12% dei consensi che Cuffaro conta in Sicilia fanno gola a tutti in vista delle probabili elezioni sia politiche sia siciliane. E se a Cuffaro i leader del centrodestra non fanno mancare parole di apprezzamento per il gesto «nobile», dal centrosinistra piovono attacchi per le dimissioni «molto tardive», come le giudica il vicesegretario del Pd Dario Franceschini. Ma a sentire Antonio Di Pietro e Rocco Buttiglione è già campagna elettorale non solo in Sicilia. Secondo l'ex ministro Di Pietro, «di favoreggiamento in favoreggiamento. A quello giudiziario di Cuffaro ai mafiosi, si aggiungerebbe quello del vertice dell'Udc se candidasse Cuffaro in Parlamento». Secca la replica di Buttiglione: «L'Udc non si fa certo indicare i comportamenti da tenere da un moralista d'accatto come Di Pietro. Non ci meraviglia certo - conclude Buttiglione - che Di Pietro abbia iniziato una campagna elettorale spregiudicata, ma le liste dell'Udc non le farà certo lui, magistrato noto per i favori ricevuti dai suoi imputati».