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Nessuno impedisce a Walter Veltroni di sognare. Sognare un ...

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Tutto si può sognare, tutto si può sperare ma, alla fine, bisogna fare i conti con la dura realtà. Ed oggi, lo scenario che il segretario del Pd ha di fronte, sembra essere quello meno indicato per dar vita ad un governo istituzionale. Semplicemente perché il principale interlocutore, Silvio Berlusconi, non appare disponibile. Che fare quindi? Veltroni ne ha discusso a lungo con i suoi. Il sindaco non vuole perdere il lavoro fatto in questi mesi ma neanche suicidarsi. Così ha messo a punto una strategia di accerchiamento. Strategia che l'ormai ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Enrico Letta riassume così: «Bisogna fare un governo per le riforme con un mandato ampio e senza paletti sulla legge elettorale. Non dobbiamo fare un governo con il contatore, siamo disposti a ragionare con quelli che ci staranno, anche sulla tempistica. In ogni caso c'è tempo per lavorare non credo che la crisi si risolva in due giorni, questa è la mia impressione». Eccolo qua l'asso nella manica di Veltroni: la durata della crisi. Dalle parti del Pd sperano (ma forse è un po' di più di una speranza) che Giorgio Napolitano allunghi un po' il brodo per permettere la costruzione di un esecutivo di transizione. Il Capo dello Stato ha iniziato ieri il suo giro di consultazioni che si concluderanno martedì con Pd, Forza Italia e gli ex presidenti della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro, Francesco Cossiga e Carlo Azeglio Ciampi. Altamente probabile che, alla fine di questo primo giro, il presidente della Repubblica decida comunque di affidare un mandato esplorativo ad una personalità di spessore (in pole position c'è Franco Marini). Toccherà a lui verificare la possibilità di costruire in Parlamento una nuova maggioranza per poi ripassare la palla al Quirinale. E siccome non sarà compito facile, i tempi della crisi potrebbero ulteriormente dilatarsi. Tutto ossigeno per il Pd che a quel punto, potrebbe aver già terminato l'operazione di accerchiamento al Cavaliere. Nell'Unione, a dire il vero, i risultati stanno già arrivando. La sinistra radicale che fino a giovedì spingeva per elezioni anticipate, sembra essersi convertita. Certo Rifondazione ha sempre detto di essere disponibile ad un esecutivo creato apposta per modificare la legge elettorale, ma ieri anche Sd e Verdi hanno aperto all'ipotesi. A patto che si tratti un governo a tempo determinato che, magari, affronti anche altre questioni delicate per non relegare il Paese all'immobilismo. Il problema, a questo punto, resta il centrodestra. Qui tutti gli occhi del Pd sono puntati sull'Udc di Pier Ferdinando Casini. Non è un caso che, parlando a conclusione del vertice di piazza Sant'Anastasia, il vicesegretario Dario Franceschini abbia espresso apprezzamento per «le parole del presidente di Confindustria Montezemolo a cui si aggiungono quelle di Casini». Insomma l'obiettivo principale, per ora, è quello di incassare un accordo con l'Udc. Sul quale però potrebbe pesare l'eventualità della sospensione di Totò Cuffaro (la decisione spetta a Romano Pordi). In ogni caso, se tutto andrà come deve andare, Veltroni spera, con una maggioranza abbastanza ampia a cui si aggiungerebbero anche i micro partiti nati in questi mesi (l'Ud di Bordon e Manzione, i liberaldemocratici di Dini ecc.), di convincere il Cavaliere a scendere a patti. Anche perché, è il ragionamento che fanno al loft, «Berlusconi non si lascerà mai tagliare fuori dalla partita». Sarà così? Chissà. N. I.

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