Fabrizio Dell'Orefice Nicola Imberti Il commediografo ...
Voleva significare che in teatro tutti andavano a vederlo per sganasciarsi mentre a casa era lui a guardare lo spettacolo del mondo. Ecco, se si potesse descrivere lo stato d'animo di Romano Prodi sarebbe proprio questo. Cala il sipario e lui si mette a guardare gli altri. La bella compagnia e, soprattutto, l'attore principale, Walter Veltroni. Spiega un fedelissimo del Prof: «E ora vogliamo vedere. Vediamo come si fa a fare un governo con Udc e Verdi. Vediamo, vediamo». Quindi si va a votare? «Non è detto - spiega il prodiano di ferro -. Il partito del non voto è abbastanza ampio. Per le urne di fatto c'è solo Berlusconi. Un bel problema, ora vedremo come si uscirà da questa situazione. Non è un problema nostro, è una questione che riguarda il presidente della Repubblica». Prodi esce di scena. Così come fece nel 1998, in occasione della caduta del suo primo governo. Uscì di scena e si mise ad attendere che il centrosinistra finisse in malora, il tracollo e infine la fila di big penitenti a chiedergli di tornare. Ecco, è così che Prodi si presenta al vertice del Pd, ringrazia anche se vorrebbe maledirli. Da quando è nato quel partito per lui è stato un tormento ogni giorno. E ora che il governo è caduto, vuole vedere come i big del centrosinistra ne verranno fuori. Se la gode, e si lascia aperta ogni strada. Anche quella di candidarsi alle prossime elezioni alla guida di una coalizione dei piccoli della sinistra radicale. Ma quello è il futuro. Il Professore lo ha detto chiaramente: «Al Senato sono andato in minoranza e quando si va di fronte al Parlamento e si perde, anche solo per un voto, vuol dire che lo schema che avevo ha perso». Quindi? «Ho deciso di andare di fronte al Parlamento e non, come qualcuno ha detto, per tigna, ma perché è il mio concetto di democrazia. E quindi non credo di essere io la persona che può adempiere a questo ruolo di creare un governo che ci porti ad una legge elettorale che possa evitare elezioni immediate. Farò il nonno». Perché, aggiunge appena arrivato a Bologna per trascorrere il weekend, «adesso bisogna riposarsi». E cosa c'è di meglio che riposarsi mentre tutto va in frantumi? Già perché Prodi non lo dice ufficialmente ma, mentre lascia che Veltroni sottolinei l'assoluta sintonia sulla necessità di un governo istituzionale, sotto sotto spera che il progetto naufraghi. «Analizziamo la situazione - commenta un altro esponente del clan prodiano - allo stato attuale della cose è impossibile fare un governo che raccolga un ampio consenso in Parlamento. A maggior ragione che Berlusconi vede a portata di mano la vittoria e quindi farà di tutto per evitare il ricorso alle urne». In attesa che la profezia si avveri, però, bisogna presidiare il Pd. Bisogna evitare che Veltroni abbia troppo spazio a disposizione. Ma anche lì il premier ha le sue teste di ponte. Nel vertice di ieri, sia Rosy Bindi che Arturo Parisi, infatti, non hanno perso occasione per marcare le differenze con il segretario. I due prodiani hanno minuziosamente analizzato tutti i momenti di tensione tra il partito e il premier negli ultimi giorni: dall'annuncia di andare da soli alle urne fatto ad Orvieto all'insistenza palese per le dimissioni di Prodi prima della sfiducia. In ogni caso hanno escluso, categoricamente, l'ipotesi di scissioni. I prodiani resteranno nel Pd e, dall'interno, combatteranno la propria battaglia. Battaglia che si preannuncia piuttosto cruenta. Ieri il senatore Pd Antonio Polito, sulle pagine del Foglio, ha duramente criticato il «prodismo» che, «per la seconda volta», ha portato «al fallimento il centrosinistra». Immediata la replica di Giulio Santagata: «Non mi chiedo perché Prodi debba restare nel Pd di cui è fondatore e presidente, ma piuttosto cosa impedisca a Polito di seguire le orme del suo volenteroso amico Capezzone». E sulla scia di Santagata anche gli altri prodiani ricordano compatti che il Professore «ha un ruolo, quello di presidente del Pd e di presidente dell'Unione, e intende esercitarlo». Insomma Prodi non ha nessuna intenzione di abdicare definitivamente. Per ora farà il nonno, ma intanto ricorda che «fare il nonno non è incompatibile con altri lavori». Veltroni e gli altri sono avvisati.