L'Udc si smarca
e sogna l'inciucione
Passa Stracquadanio, uno dei ghost writer di Berlusconi e chiede che succede adesso. E lui ridacchia. Che fa l'Udc? Baccini riprende a sorseggiare il sul thè. Poco più in là, Maurizio Eufemi, anche lui senatore Udc, gesticola quando si ragiona sul futuro: «Ora vediamo di far cadere Prodi, domani si vedrà. Domani è domani». Baccini continua con la sua bevanda calda. Poi sbotta: «Senta, a me sembra tutto molto chiaro. Bisogna fare un governo per fare una nuova legge elettorale. Noi siamo per il modello tedesco, se nasce con quell'obiettivo diamo l'appoggio». E dall'altra parte, Goffredo Bettini, coordinatore del Pd, esce allo scoperto: serve «un esecutivo che stia in carica per il tempo necessario a portare avanti il filo del dialogo che si è intessuto finora», dice a Palazzo Madama. L'attenzione, spiega, «è rivolta a diverse forze, penso a Udc ma anche a Forza Italia. Credo che per Berlusconi sia l'occasione per verificare se ha la spinta e la forza per passare dalla cronaca alla storia, verso un sistema bipolare maturo» conclude Bettini. Rocco Buttiglione gli dice subito di sì: «L'Udc propone un governo di responsabilità nazionale con Fi, An, il Pd e chi ne potrà far parte». E Maurizio Ronconi, deputato anche lui del partito di Casini, avverte: «Auspico che ci sia la possibilità di creare un governo istituzionale, che vada avanti sulle riforme, in particolare su quella della legge elettorale». E aggiunge che «se il governo Istituzionale non dovesse poi raggiungere un'intesa complessiva sulla riforma elettorale, è bene che questo governo non parta neppure e si vada alle elezioni». Niente voto, dunque. Almeno per ora. Almeno non per l'Udc. Così sembra. «Ma così non è», dice Gianfranco Rotondi, segretario della DcA, mentre si stravacca su una poltrona del Transatlatico. Come non è così? «Guardi, sono tutti per andare a votare nel centrodestra. Tutti. Poi l'Udc deve dire che vuole fare il governo istituzionale, quello della responsabilità istituzionale, nazionale o come la vorranno chiamare. Si sono voluti ritagliare questo ruolo di dialogo con l'altra parte, con il Pd. Lo facciano, capisco. Ma alla fine si va al voto. Non ci sono margini per fare alcunchè. Non c'è la maggioranza. Si può fare qualcosa soltanto se Berlusconi è d'accordo. Ma Berlusconi è contrario per il semplice motivo che non ha alcun interesse di perdere altro tempo. E dunque, si vota». I berlusconiani s'aggirano baldanzosi, citano pure una data: il 13 aprile si va alle urne. E Casini? Che vuole fare Casini? Pier Ferdinando resta in silenzio per tutto il giorno. In serata affida a una nota il suo stringato commento che lascia aperto qualunque scenario: «Le contraddizioni emerse nel centrosinistra e l'impegno coerente dell'opposizione in Parlamento hanno portato alla fine di un governo inviso alla maggior parte degli italiani. Adesso è necessario non sbagliare per evitare di trasformare le speranze in nuove delusioni». Per Casini ancora tutto è possibile. Sembra spingere per il governo tecnico, spera di poter convincere Berlusconi ad aderire a una soluzione di questo tipo. Magari con un esecutivo di breve periodo con urne a giugno. Una soluzione ponte per cancellare l'attuale legge elettorale, come più volte richiesto dal presidente della Repubblica. Il portavoce di Prodi, Silvio Sircana, si fuma l'ultima sigaretta in Senato, guarda in alto nel cortile e gli parte un piccolo ghigno: «Due giorni fa Casini e Pecoraro si davano del cialtrone in tv. Non so come fanno a fare un governo assieme. E poi per il sistema tedesco? Sono d'accordo Rifondazione, Udc, forse il Pdc. Ma intanto Pdci e Verdi non sono d'accordo. Non so, sono affari suoi». Giù, sono affari loro. almeno questo. E almeno oggi.