Salgono le quotazioni di Marini, e il Prof va a casa sua
SpiegaTabacci a Nessuno Tv: «Romano? Potrebbe venire al Senato per ascoltare il no di Mastella e le sue motivazioni, senza arrivare poi al vero e proprio voto di sfiducia. Comunque, qualsiasi cosa accada, sono contrario ad elezioni immediate». E aggiunge: «Non voglio invadere le prerogative del Capo dello Stato, ma mi sembrerebbe naturale - sottolinea uno degli animatori della Cosa Bianca - affidare al presidente del Senato, seconda carica dello Stato, un incarico esplorativo per verificare se ci sono le condizioni per costruire in Parlamento una maggioranza per un governo delle riforme sempre più necessarie al Paese. Questo mandato, inizialmente esplorativo, potrebbe trasformarsi poi - è il pronostico dell'esponente centrista - in un incarico pieno a Franco Marini». Nessuno si spinge a essere così chiaro. Ma è chiaro che il nome di Marini aleggia. È quello più gettonato nei rumors, è quello più citato nei conciliaboli del Transatlantico. Tanto che in serata anche Silvio Berlusconi sembra dare una risposta all'ipotesi di governo di responsabilità a nazionale guidato dal presidente del Senato: «Sto ricevendo tante di quelle pressioni per un governo di larghe intese... Ma a tutti dico che ora non ci sono le condizioni. Reincarico a Prodi? Vediamo, dia le dimissioni, ma in ogni caso è finito, io voglio il voto». Dunque Berlusconi non sembrerebbe disponibile a un esecutivo Marini. Il leader azzurro con i suoi ha preso anche in considerazione la possibilità di un governo tecnico per modificare la legge elettorale attuale e portare il Paese al voto non più tardi di ottobre. Con un'unica condizione: che a guidarlo sia proprio l'attuale presidente del Consiglio. Sarebbe stata questa l'offerta fatta da Gianni Letta all'inquilino di Palazzo Chigi. «So - spiegava in Transatlantico Gianni Alemanno - che Berlusconi e Fini hanno discusso anche di un governo Amato o Marini...». Proprio An tuttavia sembra escludere cedimenti. «Come fanno a fare un governo per la legge elettorale se non riescono neanche a trovare l'accordo tra di loro?», chiedeva Gianfranco Fini. Che aggiungeva: «Bisogna andare alle elezioni, il referendum? Tra un anno...». E Pier Ferdinando Casini a pochi metri da Fini ripeteva lo stesso concetto: «Un governo per fare la legge elettorale? Ma quale legge?». Ora si aspetta la decisione di Prodi. «Sono sicuro che si dimetterà», dice il leader di An. E nel fronte del centrosinistra? Solo indiscrezioni, bisbigli. La Velina Rossa, il foglio di analisi di Pasquale Laurito, prospetta uno scenario chiaro. Ventiquattro ore e una scelta: o il presidente del consiglio si dimette prima di andare al Senato o ci va, rende all'Aula dichiarazioni simili a quelle della Camera e si dimette, comunque prima del voto di fiducia a palazzo Madama. Questo lo scenario che Velina Rossa accredita a «ambienti responsabili»: con le dimissioni anticipate del premier, infatti, Napolitano, secondo la nota di Laurito, potrebbe dare a Prodi un mandato esplorativo per verificare se esistono le condizioni per un nuovo governo di centrosinistra. Se la risposta fosse negativa, scrive Velina Rossa, «il Quirinale potrebbe pensare a un governo tecnico o istituzionale per la riforma della legge elettorale», dando magari il mandato a Franco Marini. E lui? La sedconda carica dello Stato. In serata si chiude a Palazzo giustiniani a cena con Ottaviano Del Turco, presidente dell'Abruzzo. Arriva a sorpresa Romano Prodi, ma nessuna dichiarazione. Salvo quella della mattina quando Marini, intervenendo alla cerimonia sul 60esimo anniversario della costituzione, aveva avvertito: «Da lungo tempo - ha aggiunto - è aperto un dibattito riformatore. Come ho sottolineato più volte, ritengo che l'Italia necessiti di alcuni mirati adeguamenti istituzionali».