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Il Pd in pressing: «Subito al Colle»

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Walter Veltroni

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[...] nel loft di piazza Sant'Anastasia senza proferire parola, il principale nemico di Romano Prodi, in questo momento, è proprio il partito a cui ha dedicato una parte importante della sua vita. Così, quando in mattinata il Professore viene chiamato al Quirinale, a Palazzo Chigi capiscono subito che si tratta di una convocazione tutt'altro che casuale. Perché Prodi lo aveva spiegato chiaramente rispondendo alle obiezioni dei maggiorenti del Pd: chiederò la fiducia ad entrambe le Camere e poi, se sarà necessario, salirò al Colle. Una strategia illustrata anche a Giorgio Napolitano lunedì sera, poche ore dopo l'annuncio di Clemente Mastella. Ieri mattina, però, il presidente della Repubblica ha ripetuto al Professore lo stesso invito alla cautela che gli era già stato rivolto da Massimo D'Alema, Walter Veltroni e Francesco Rutelli. Una coincidenza che ha subito fatto scattare una girandola di sospetti. Tanto che Prodi, forse piccato da questa «intromissione eterodiretta», ha subito fatto filtrare il contenuto del colloquio (non smentito dal Colle). Così, poco prima che il premier facesse il suo ingresso a Montecitorio, ambienti di governo facevano sapere alle agenzie che «il presidente della Repubblica avrebbe suggerito a Prodi di valutare l'opportunità di non andare in Senato per il voto di fiducia». Le stesse fonti, però, specificavano che il presidente del Consiglio avrebbe deciso solo dopo il voto della Camera. Un modo cortese per dire che anche il pressing del Capo dello Stato non aveva sortito effetti. Ma il vero scontro si verifica qualche ora più tardi. Nei corridoi di Montecitorio si sparge la voce che il Partito Democratico stia valutando le dimissioni del premier prima del voto di fiducia a palazzo Madama. Apriti cielo. Il prodiano doc Arturo Parisi è allibito: «Non posso crederci, non posso crederci. Sono certo che arriverà una smentita». Tocca a Dario Franceschini stoppare la polemica: «Il Pd, come diciamo da tempo, sostiene convintamente le scelte del presidente del Consiglio. Tutto il resto sono invenzioni prive di ogni fondamento». Nel frattempo, in Aula, va in scena il processo al partito. Gli alleati attaccano, Soro prova a difendersi, Veltroni tace. La Camera vota la fiducia. Prodi si riunisce con Massimo D'Alema, Giuseppe Fioroni, Tommaso Padoa-Schioppa, Arturo Parisi, Rosy Bindi, Paolo Gentiloni, Vannino Chiti, Piero Fassino, Angelo Rovati ed il portavoce del governo Silvio Sircana. Poco dopo, a piazza Sant'Anastasia, Veltroni riceve Franceschini, il ministro Pierluigi Bersani, i capigruppo del Pd Soro e Finocchiaro, Fassino e Goffredo Bettini. Dopo quasi un'ora e mezza il gotha del Pd lascia il loft. Bocche cucite. Solo Anna Finocchiaro si lascia sfuggire una battuta: «Domani (oggi ndr), io speriamo che me la cavo». Nel frattempo le agenzie anticipano il contenuto di un'intervista rilasciata dal senatore Giorgio Tonini, uno degli uomini più vicini a Veltroni, alla Discussione: «L'unica chance per tenere viva la possibilità di creare un governo che licenzi una nuova legge elettorale è che Prodi non vada al Senato». Insomma il pressing del Pd continua, ma l'impressione è che il premier sia ormai «fuori controllo».

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