La sinistra radicale ci aveva sperato: ottenere gettito ...
Sì, in fondo togliere ai ricchi (chi possiede azioni) per dare ai più poveri (chi vive di solo stipendio) rientra nella più ortodossa applicazione del marxismo in economia. Anche se, forse, non si tiene in debito conto che nonostante le avversità che oggi attraversa la classe media italiana proprio nei portafogli di questa è finita una gran parte dei titoli delle grandi privatizzazioni degli anni '90. Come nel caso di Telecom Italia, Unicredit, Autostrade ed Enel. Insomma chi possiede azioni oggi non è più identificabile solo con chi guadagna alti redditi. Ma tant'è. Le ragioni della politica a volte superano quelle del buonsenso economico. E il via libera alla proposta di tassazione dei capital gain al 20% alzandola dall'attuale 12,5%, sostenuta dal viceministro Vincenzo Visco (nella foto) e appoggiato dai partiti più a sinistra della maggiornanza è un fatto ormai quasi acclarato. Per una volta, però, i piani del fisco rapace rischiano di andare all'aria. La crisi dei mercati finanziari taglierà gran parte dei guadagni di borsa. È, infatti, inevitabile con crolli delle dimensioni di questi giorni che molti risparmiatori escano anche con perdite rilevanti sui propri pacchetti azionari. E anche se non è mai detta l'ultima parola, finora nessuno è riuscito a tassare le minusvalenze (il risultato di una vendita a un prezzo inferiore rispetto a quello d'acquisto). Così a parte la ritenuta sui titoli di stato che dovrebbe dare sempre un congruo gruzzolo al Tesoro, soprattutto con l'aliquota portata al 20%, rischiano di mancare una buona quantità di soldi dal lato azioni. E i 2,5 miliardi di euro di incasso stimato dalla cosiddetta armonizzazione delle tassazione sulle rendite fini rischiano di ridursi notevolmente. Riflessioni queste che non sfiorano minimamente la sinistra radicale. Poco avvezza all'utilizzo del pallottoliere quando c'è in gioco la ragione ideologica. E la conferma è arrivata lunedì in pieno caos Borse. Il ministro della solidarietà sociale, Paolo Ferrero ha insistito sulla necessità di «aumentare la tassazione delle rendite finanziarie che nel fornire risorse preziose per lo Stato non ridurrebbe la domanda perché il 90% dei titoli pubblici non è detenuto dalle famiglie ma da grandi potentati economici». F.C.