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Il Cavaliere: "Andiamo alle urne", ma An e Udc frenano

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Fini e Berlusconi

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In sostanza non è così sicuro che la crisi del governo Prodi apra le porte alle elezioni anticipate. Nel centrodestra la richiesta di «voto subito» non è stata unanime. Per Forza Italia e Lega è ormai un percorso obbligato ma il silenzio di Alleanza nazionale indica che Fini non è sulla stessa lunghezza d'onda. Berlusconi, il quale ha sempre rimarcato la propria diffidenza verso la soluzione di un governo istituzionale e la netta preferenza per il voto immediato (ormai ritenuto inevitabile persino da un esponente dell'Udc come Maurizio Ronconi), ieri ha detto subito che «ora è indispensabile e urgente ridare la parola ai cittadini». Si tratta però di capire se il no del Cavaliere a un esecutivo di transizione sia proprio insuperabile o se possa attenuarsi e trasformarsi in un via libera condizionato. Un governo di transizione servirebbe per mandare in porto quella riforma del sistema elettorale che è cara al presidente della Repubblica Napolitano. Il Capo dello Stato si è sempre detto contrario ad andare al voto con le attuali regole elettorali e favorevole a una revisione della Costituzione che ne cancelli le rughe. Ma è anche vero che una legge elettorale senza il consenso di Berlusconi non sarebbe praticabile. C'è poi il fatto che il referendum è alle porte e un Esecutivo di emergenza avrebbe una manovra molto risicata per arrivare a un risultato soddisfacente. Nel centrodestra poi la situazione non è così chiara. A fare pressing su Napolitano per le elezioni anticipate è Berlusconi insieme alla Lega mentre An e l'Udc parlano solo di dimissioni di Prodi ma non di andare alle urne. Dice il leghista Roberto Calderoli: «Ora il Governo non ha più una maggioranza, neanche quella artificiale che aveva faticosamente avuto sino ad oggi, e che aveva giustificato l'accanimento terapeutico con cui lo si è mantenuto troppo a lungo in vita». Calderoli incalza Napolitano. «Di elezioni anticipate parlano tutti tranne l'unico titolato a farlo: il presidente della Repubblica. Napolitano dimostri che è davvero il presidente di tutti e restituisca il Paese alle urne prima che sia troppo tardi». Poi l'esponente della Lega avverte gli alleati di essere uniti e «evitare scherzi». «Niente pasticci, no a governi istituzionali o tecnici», taglia corto anche Roberto Maroni. Gianfranco Fini lascia la parola al portavoce Andrea Ronchi, che invita Prodi a dimettersi subito, mentre il capogruppo al Senato Altero Matteoli considera «inimmaginabile» che il Professore «voglia resistere nel fortino di Palazzo Chigi». D'altra parte, ironizza il leader della Destra Francesco Storace, stavolta «non basterebbero nemmeno 14 senatori a vita» a salvare Prodi. La crisi è «inevitabile» anche per Pier Ferdinando Casini. L'Udc come An, per ora non va oltre la richiesta di dimissioni di Prodi, guarda all'evolversi della situazione, alle mosse del Quirinale. Ma certo non sosterrà da sola alcun esecutivo istituzionale. L.D.P.

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