Nicola Imberti n.imberti@iltempo.it Ci hanno provato a non ...
Ci hanno provato ma, alla fine, hanno comunque fatto notizia. La nutrita pattuglia di politici giunta a piazza San Pietro per testimoniare, senza simboli, la propria vicinanza al Papa, non è passata inosservata (e in alcuni casi si è ben guardata dal farlo). Eppure l'organizzazione era stata ferrea: nessuna intervista all'interno del colonnato. Se i politici vogliono parlare lo facciano fuori. E il meccanismo ha retto, almeno per un po'. Francesco Rutelli, ad esempio, è arrivato poco prima delle 10.30, si è infilato in basilica dove ha assistito alla messa assieme ad altri esponenti del Pd, poi si è accomodato vicino allo striscione della comunità di Sant'Egidio limitandosi ad un laconico «oggi non si fanno dichiarazioni» (i commenti li ha riservati per Lucia Annunziata che lo ha intervistato poco dopo nella sua trasmissione In mezz'ora). Pier Ferdinando Casini, accompagnato da moglie e figlia, è stato intercettato al limitare della piazza: «Siamo qui per dimostrare al Papa il nostro affetto, ma anche per affermare i valori della libertà e dell'identità cristiana in Italia». Sandro Bondi, santino della Madonna in mano, ha fatto il suo ingresso nel più totale anonimato. Il ministro Beppe Fioroni, dopo aver partecipato anche lui alla messa, si è presentato al fianco del cardinale Camillo Ruini per poi accomodarsi vicino a Dario Franceschini. Insomma ognuno ha scelto di partecipare a modo suo. La rappresentanza di Alleanza Nazionale (Maurizio Gasparri, Andrea Ronchi, Gianni Alemanno), ad esempio, si è data appuntamento davanti all'hotel Columbus, a metà di via della Conciliazione, per poi marciare compatta, con contorno di bandiere tricolore, verso la piazza. Gli azzurri Antonio Tajani e Domenico Di Virgilio sono arrivati insieme. Solo, l'Udc Mario Baccini. Ma c'erano anche: l'ex ministro Paolo Cirino Pomicino, Teodoro Buontempo, gli azzurri Gaetano Quagliariello e Fabrizio Cicchitto, Gerardo Bianco, Francesco D'Onofrio, Marco Follini, il veltroniano Giorgio Tonini, Renzo Lusetti, il braccio destro di Franco Marini Nicodemo Oliverio, i teodem Enzo Carra, Paola Binetti, Emanuela Baio, il sottosegretario al welfare Cristina De Luca, Raffaele Bonanni (con fazzoletto Cisl al collo), Savino Pezzotta, Giulio Andreotti e Francesco Cossiga. La lista è lunga e, sicuramente, incompleta. Qualcuno, tra i 200mila di piazza San Pietro, sarà sicuramente sfuggito agli occhi attenti dei cronisti. Qualcuno sì, ma non Clemente Mastella. Sciarpa fucsia di ordinanza, l'ex Guardasigilli si è «materializzato» attorno alle 11.30. Con lui, cappotto beige e sciarpa in tinta, il presidente di Medusa Carlo Rossella. I giornalisti lo assediano e Mastella, nonostante il divieto, trascina tutti all'interno della piazza. Per un po' resiste, dice di non voler parlare di politica, ma poi sbotta. È un fiume in piena. Critica Massimo D'Alema e Romano Prodi per non aver chiesto scusa al Pontefice. Rivolge un pensiero alla moglie Sandra («siccome non potevano arrestare me, hanno arrestato lei»). Poi assiste in religioso silenzio all'Angelus, applaude il Papa, lo loda per la «grande lezione di laicità». La folla lo avvicina, gli stringe la mano, gli chiede di non mollare. Un abbraccio all'ex sottosegretario Udeur Marco Verzaschi caduto anche lui nella rete dei giudici. Andreotti lo chiama per esprimergli la sua solidarietà. Una suora gli si presenta davanti: «Noi preghiamo per lei». Mastella si commuove, piange. Con gli occhi lucidi si dirige verso la macchina che lo aspetta per riportarlo a Ceppaloni. La folla lo incalza: «Passa con noi», «Fai cadere il governo». Lui si stringe nel cappotto, sale in macchina e se ne va.