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Le mani (dei partiti) sulla Sanità

Medico

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[...] consumata da decenni di clientelismo e lottizzazione, divorata dalla corruzione più o meno latente.Un sistema capillare, ramificato e inesorabile che va dalla maxitangente miliardaria alla telefonata dell'amico degli amici per ottenere un posto da usciere. E tutto ciò che non costituisce reato penale sembra non solo lecito, ma eticamente non riprorevole. Così nessuno si sorprende se Mastella considera «normale» che la scelta di un dirigente sanitario avvenga con criteri squisitamente politici e aggiunga: «Vorrei capire come mai io sarei concusso per la nomina di un nostro amico prestigioso e per tutte le altre nomine non ci sarebbero né concussi né concussori». Eppure le conseguenze del sistema sono sotto gli occhi di tutti: a pagare sono sempre i cittadini. Spesso con le loro tasche. In alcuni casi, come quello in questione, con la loro vita. Nel nostro Paese il presidente della Regione, che è un uomo politico eletto dai cittadini, sceglie l'assessore alla Sanità e questo fa le sue proposte per le nomine dei manager. I requisiti dei dirigenti sono contenuti in un albo. Non esistono concorsi. Non è prevista la comparazione tra le caratteristiche personali dei vari candidati. E qui, in teoria, si fermerebbe la «discrezionalità politica» di cui parla Mastella. Poi, scendendo la scala, si arriva ai primari. Per loro c'è una sorta di concorso ma senza punteggio. A decidere, sulla base dei curricula, è una commissione interna composta dai direttori generali e sanitari e dai primari con più esperienza. Anche qui, tuttavia, non contano i punteggi e non c'è comparazione. Quindi, spiega Marcello Taglialatela, deputato di An, membro della commissione Antimafia e responsabile del partito per il Mezzogiorno «mastino» della sanità campana, «i manager utilizzano a loro volta una discrezionalità che non è più tecnica ma politica». A quanti obiettano che la gente è interessata ai risultati più che a metodi, la realtà all'ombra del Vesuvio offre molti argomenti di riflessione. Dopo l'emergenza-rifiuti e quella igienica, infatti, lo scandalo-sanità è un bubbone gonfio e pronto ad esplodere. E il nesso di causa-effetto fra l'ingerenza della politica e la qualità del servizio, nonché la sua economicità, viene sintetizzato da Taglialatela in una domanda: «Come è possibile che in Campania negli ultimi cinque anni il disavanzo sanitario è più ampio che in tutte le altre regioni italiane e nessuno dei manager del settore sia stato cacciato per i risultati negativi e quelli non conseguiti, come il pareggio del bilancio?». La risposta sorge spontanea: gli ospedali e le Asl non sono aziende private, quindi il profitto e la qualità del servizio non sono obiettivi da raggiungere. Un criterio che non dovrebbe trovare ospitalità in una democrazia sana, dove la politica è al servizio della gente e, come dice Beppe Grillo, i cittadini sono i «datori di lavoro» di deputati e senatori, ministri e sottosegretari. In Italia accade il contrario. In Campania accade di peggio. Taglialatela fa due esempi, il secondo dei quali riguarda proprio la vicenda ceppalonica. Ma vediamo il primo. «Nel 2005 resi noti i contenuti delle intercettazioni che inchiodavano Giuseppe Petrella, medico personale di Bassolino, all'epoca responsabile della sanità campana per i Ds e oggi presidente degli Istituti fisioterapici ospitalieri di Roma - racconta Taglialatela - Petrella parlava con il direttore generale della Asl Napoli2 Pierluigi Cerato della nomina di un direttore sanitario che a lui non stava bene. E gli chiedeva di strappare la relativa delibera. Il bello è che l'inchiesta su Petrella, in seguito rinviato a giudizio e in attesa di processo, è stata aperta solo dopo che avevo distribuito ai giornali i testi delle intercettazioni. Che avevano fatto fino a quel momento i magistrati?». Il secondo esempio riguarda proprio il direttore del San Sebastiano di Caserta, vicenda per la quale è finita nei guai la moglie di Mastella. Sulla nomina di Luigi Annunziata Taglialatela presenta due interrogazioni al ministro della Salute. «Nel gennaio del 2006 faccio presente a Storace che Annunziata è stato direttore sanitario e poi generale senza essere un medico specializzato e che la legge lo vieta - spiega il deputato di Alleanza nazionale - Il ministero chiede spiegazioni alla regione Campania: la replica è il silenzio. Nel luglio dello stesso anno mi rivolgo alla ministra Turco e, anche questa volta, non ottengo alcuna risposta». Taglialatela, al di là dei rilievi penali (che ritiene siano presenti e anche pesanti), sottolinea che il comportamento dell'Udeur non è stato corretto. Dopo il «tradimento» di Annunziata, che aveva l'appoggio del partito ma poi cerca (e trova) quello della Margherita e dell'assessore regionale alla Sanità demitiano e vicino anche a Bassolino, il Campanile infatti lo attacca duramente. E per Taglialatela questo significa che nel partito di Clemente sapevano che non aveva i cosiddetti «requisiti richiesti». Ma, allora, perché sponsorizzarlo? Certo la Campania non è un'isola infelice. Non l'unica. In buona parte del Belpaese le cose funzionano così, anche se magari gli effetti sono meno eclatanti. In Veneto l'ingerenza della politica non è meno pressante. La nomina di 22 direttori generali delle Usl decise autonomamente dal governatore Giancarlo Galan senza un preventivo accordo con gli alleati ha quasi incrinato la solidità della maggioranza di centrodestra. Galan è rimasto fermo sulle sue posizioni, mentre An, Lega e Udc hanno istituito un tavolo di consultazione allargato, hanno chiesto una verifica politica e tre assessori del partito di Fini si sono autosospesi: «Alleanza nazionale ritiene inadeguate le scelte del governatore per gli equilibri della coalizione», ha tuonato il consigliere Raffaele Zanon. Ma, come dicevamo, è la Campania la punta di questo iceberg spesso penalmente irrilevante eppure moralmente sindacabile. Anche perché nel Sud, gli effetti del sistema «discrezionale» sono devastanti. «La Regione campana ha contratto un mutuo trentennale per affrontare i debiti sanitari e le tasse regionali sono le più alte d'Italia - insiste Taglialatela - La Campania, inoltre, è la regione con il maggior numero di cittadini che si fanno curare altrove. Per questo la gente è arrabbiata, non tanto perché la politica decide. Ma perché decide male».

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