I piccoli: «Ci vogliono cancellare»
Eppure Bianco si è impegnato e non poco per superare la spaccatura evidenziatasi lunedì sera nel corso del vertice di maggioranza. Prima di presentarsi in commissione con il nuovo testo (che corregge la precedente bozza), l'esponente del Pd ha incontrato nel suo studio la parte più dialogante della sinistra radicale: Rifondazione e Sinistra Democratica. Quindi ha svelato le sue proposte: voto unico (chiesto da Pd e Forza Italia); riparto nazionale dei seggi e meccanismo diverso di voto per il Senato (chiesto da An, Udc, Prc e Sd); obbligo di dichiarare prima le alleanze (vero «pallino» di An). Ma l'opera di mediazione di Bianco non ha convinto tutti. E se nell'opposizione si registra la freddezza di Forza Italia che, con il capogruppo a Palazzo Madama Renato Schifani, parla di un «passo indietro»; nell'Unione sono i piccoli ad alzare la voce. In rigoroso ordine sparso. Per il ministro Antonio Di Pietro, ad esempio, è ora di smetterla di agitare il referendum come uno spauracchio. «L'Italia dei Valori - spiega - ha raccolto le firme per il referendum, 600mila cittadini vi hanno aderito e chiedono di andare al voto per decidere tra un sistema maggioritario e uno proporzionale. Tutti dicono "altrimenti si fa il referendum", ma io sono per il referendum, non è mica il diluvio universale». Di tutt'altro parere Verdi e Pdci contrari al referendum, ma anche alla bozza Bianco. «Cancella oltre 7 milioni di voti - sottolinea il capogruppo dei Comunisti Italiani alla Camera Pino Sgobio -. Si riparta dalla bozza Chiti: ne va della democrazia». Sulla stessa lunghezza d'onda il verde Natale Ripamonti vice presidente del gruppo Verdi-Pdci al Senato: «Confermo la decisa contrarietà del gruppo al testo Bianco e alle conseguenze immediate che è destinato a produrre: un sistema bipartitico anziché bipolare». Si uniscono alla «comitiva» il socialista Gavino Angius («le cose non vanno») e il capogruppo dell'Udeur alla Camera Mauro Fabris. «La responsabilità che Veltroni chiede ai cosiddetti partiti piccoli - attacca -, avrebbe dovuto dimostrarla il Pd prima di sfasciare l'alleanza che ha vinto le politiche nel 2006 per inseguire un'intesa con Berlusconi». E mentre infuria la battaglia, Palazzo Chigi prova a gettare acqua sul fuoco: «È importante trovare una soluzione condivisa che garantisca stabilità e governabilità e che, soprattutto, non vada contro o a detrimento di tutte le forze politiche». Quindi, dopo aver confermato la sintonia con Veltroni, la presidenza del Consiglio ricorda che il testo verrà votato in commissione il 22 gennaio e che, quindi, «c'è ancora tempo, si continua a lavorare».