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Elisa Di Salvatore «Nella pubblica amministrazione non ...

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Anche nel pubblico impiego le donne sono discriminate? «Nella pubblica amministrazione le donne con titolo di studio elevato (laurea o diploma superiore) sono il 60% ma solo il 18% sono dirigenti di prima fascia e il 33% in seconda fascia. Inoltre le donne percepiscono meno degli uomini, specialmente a causa degli incarichi aggiuntivi che portano il 71% del totale dei compensi nelle tasche degli uomini contro il 28,8% delle donne». Ma la "Direttiva sulle misure per attuare parità e pari opportunità tra uomini e donne nelle amministrazioni pubbliche", da lei elaborata, non era nata per favorire la carriera dele donne? «Assolutamente no. L'obiettivo prioritario è la modernizzazione e l'innovazione introducendo politiche di gestione del personale, dirette alla individuazione e valorizzazione delle differenze». Come possono le donne contribuire a questo cambiamento? «La svolta non viene dall'omologazione, ma facendo leva sulla differenza. Le donne portano nel lavoro un'ottica più innovativa, più propensione alle relazioni umane, maggior attenzione al dettaglio, lavoro di squadra, capacità di mettere insieme grandi progetti strategici con piccoli e progressivi miglioramenti. Queste loro "differenze", poco utilizzate e non valorizzate, ma molto apprezzate nelle aziende private italiane e straniere, possono contribuire ala riforma della pubblica amministrazione». Perché le donne sono poco utilizzate? «La legge promuove le pari opportunità e dai dati della Ragioneria dello Stato emerge che dove la selezione è per concorso, le donne entrano. L'ultimo concorso in Magistratura è stato superato dal 60% di donne. Nella P. A. rappresentano il 54% del totale dei dipendenti. Nelle Regioni e negli Enti Locali la situazione peggiora. Solo il 7% di donne nelle aziende autonome, meno che fra i diplomatici e i prefetti. Vuol dire che la selezione non è trasparente». Quali sono le ragioni di questa preponderanza maschile? «Fra i capi-area vige la cooptazione maschile, gli incarichi vengono attribuiti in modo discrezionale con parametri come il tempo e la mera presenza fisica in ufficio. Mancano strumenti efficaci di valutazione del merito e del risultato». Quali sono le novità che introduce la direttiva? «Tenta di coniugare la necessità di innovare con quella di favorire l'accesso delle donne ai livelli più alti». Quali sono gli strumenti da adottare? «Innanzitutto dare attuazione alle norme esistenti, assicurando la presenza di un terzo di donne nelle commissioni di concorso o nei nuclei di valutazione della carriera o per gli incarichi aggiuntivi e puntare ad un riequilibrio delle donne al vertice, in caso di divario superiore a due terzi. Eliminare le discriminazioni dirette e indirette Introdurre modelli organizzativi per facilitare lavoro e vita privata con telelavoro o part-time reversibili o job-sharing per i livellli più alti. Infine la novità dell'introduzione di "moduli di genere" nella formazione dei dirigenti e relazione annuale di quanto fatto e programmato». E se non vengono rispettate queste disposizioni? «Scattano le sanzioni: nullità degli atti, reintegro nel posto di lavoro, blocco assunzioni e risarcimento del danno».

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