Lamberto non molla. E rilancia: «Ti aspettiamo in Parlamento»

«Il presidente Prodi — attacca — ha fatto un intervento a tutto campo, mostrando grande ottimismo per il suo governo e per l'Italia. Non riconoscendo che il Paese è in declino, che è il fanalino di coda dell'Europa e che è destinato a restarlo. Lui stesso ha cominciato a riconoscere che gli obiettivi indicati dalla Finanziaria non possono essere raggiunti, visto il cambiamento del ciclo economico. Un discorso, quello di Prodi, pieno di ottimismo e di annunci che però, appunto, restano annunci. Il governo aveva promesso, fin dal suo insediamento, di ridurre la pressione fiscale, ma è passato un anno e mezzo e di questa riduzione non c'è traccia». Sulla riunione di maggioranza del 10 gennaio Lamberto Dini resta cauto. E lancia un avvertimento al Presidente del Consiglio: «Il premier ha detto che non si tratta di una verifica, che per lui è un termine della vecchia politica. Ha aggiunto che c'è solo il programma con il quale si è presentato alle elezioni, da aggiustare eventualmente a seconda delle situazioni. Prendiamo atto delle sue parole e lo aspettiamo in Parlamento». Ma Lamberto Dini, al contrario di quanto dicono molti esponenti della maggioranza, non rappresenta semplicemente i due senatori che stanno con lui nel gruppo dei Liberaldemocratici. Attorno a lui si muove tutto un mondo industriale e di banche del nord che da tempo ha deciso di staccare la spina a Prodi. E un esempio di come il premier sia stato «scaricato» dai cosiddetti poteri forti sta in alcuni editoriali che ieri sono apparsi su giornali di riferimento di quel mondo, come il Corriere della Sera, la Stampa e Il Sole 24 Ore. Sul primo un editoriale non firmato, dal titolo «I ribaltoni buoni e quelli cattivi», attacca chi, come Antonello Soro del Pd, ha chiesto a Dini di dimettersi. «Non risultano dichiarazioni analoghe di Soro — si legge — a proposito del passaggio di campo di Marco Follini, senatore eletto nel centrodestra che in seguito ha votato la fiducia al governo Prodi. E non si ricordano considerazioni simili di esponenti dell'Ulivo quando nel 1998 una parte del Polo, capitanato da Mastella, passò al centrosinistra consentendo la nascita del governo D'Alema». «Come mai? — conclude l'articolo — I ribaltoni buoni, ammesso e non concesso che questa sia la strada di Dini, sono dunque soltanto quelli che colpiscono gli avversari mentre sono deplorevoli solo quelli che colpiscono in casa?». Luca Ricolfi su La Stampa invece scrive: «Anno nuovo, governo nuovo. Sarebbe un bene per l'Italia? Non è affatto detto anche se è difficile immaginare un esecutivo ancora più dannoso e scomposto di quello che ci ha governato in questa legislatura».