Buttiglione: «E ora denunciamo i "nuovi mali della Capitale"»
Poiil filosofo cattolico e senatore dell'Udc, romano e legato alla Chiesa, si lascia andare: «Penso si debba fare anzitutto una considerazione». Quale senatore? «Il Papa comincia a conoscere bene la sua diocesi. Ha girato numerose volte in questi mesi, ha parlato con tanti romani. È ormai conscio anche del degrado morale nel quale versa la città». Da che cosa può essere rimasto colpito il Papa? Perché arriva questo giudizio così duro su Roma? «Anzitutto immagino sia rimasto colpito dai giovani privi di orientamento e che non riescono a trovare il proprio cammino. Credo che le sue parole del Te Deum vadano legate a quelle dell'Angelus e anche a quelle pronunciate in occasione della manifestazione a difesa della famiglia in Spagna». Ma perché i giovani romani non riescono a trovare il loro cammino? «Guardi, quando noi eravamo ragazzi il grande obiettivo era l'amore. Innamorarsi, trovare una donna, condividere il sogno di una famiglia, crescere dei figli. La forza più potente è oggi umiliata». Addirittura «umiliata»? E per quali ragioni? «La prima è di carattere eminentemente culturale. Mi riferisco alla cultura che inneggia al sesso senza amore, all'inutilità del matrimonio, all'uguaglianza tra il rapporto eterosessuale e quello omosessuale. Anzi, si vuole affermare che omosessuale è meglio. E poi che non tradire è impossibile, al non avere figli. Si tratta anche di un attacco violento». E, al di là dell'offensiva culturale, lei ritiene che il Papa sia preoccupato anche per un assalto materiale? «Non c'è dubbio, e qui entriamo nell'altro aspetto richiamato dal Papa. La povertà. La lotta alla povertà è ormai a quasi esclusivo appannaggio della Chiesa. Solo la Chiesa combatte. E combatte da sola». A che cosa si sta riferendo, senatore? «Penso ai soggetti che sono maggiormente esposti al rischio povertà, e oggi sono le famiglie. Il solo fatto di avere tre figli già ti espone al rischio indigenza». D'accordo, ma questo non è un fenomeno esclusivamente romano. «Appunto, il Papa dice proprio questo: nemmeno Roma ne è esclusa. E poi ci sono delle peculiarità di questa città. Pensi soltanto alla difficoltà di trovare una casa, all'impossibilità per una giovane coppia di ottenere un'abitazione, un tetto. E, ripeto, l'attenzione è spesso rivolta alle emergenze dei singoli. Senza escludere queste, vorrei che si ponesse l'attenzione alle sofferenze della famiglia». Senatore, ma i dati parlano di una città in crescita costante. L'ultima classifica, quella del Sole 24 Ore, le assegna l'ottavo posto per qualità della vita. «Bisogna vedere come si fanno queste classifiche. Se un indice è la qualità degli spettacoli teatrali, allora non c'è dubbio che Roma svetta in testa. Il punto non è questo, però». E qual è, scusi? «Quale cultura si diffonde in questi spettacoli? Si parla dell'amore, per esempio. Di quell'amore di cui parlavamo prima? Si promuove una cultura della famiglia? Lo domando, pongo questo interrogativo. Se così non è, allora è legittimo parlare di "deserto culturale". È giusto denunciare questi aspetti. A Roma più che altrove». Per lei il «modello Roma» è stato un fallimento? «Non dico sia un fallimento, dico che non si sia nascosta troppa polvere sotto al tappeto. Il buonismo non è la soluzione di tutti i mali». Scusi, senatore, ma allora bisognerà dire che anche la Chiesa si è accodata al coro del «tutto va bene». Ecco perché il grido del Papa suona così eclatante. «Vero, anche la Chiesa - a parole - s'è nascosta dietro la buonismo di facciata. È arrivata l'ora di riprendere l'iniziativa». Quale iniziativa? «Ricorda il convegno sui mali di Roma del cardinale Poletti? Sono passati oltre trent'anni, sarebbe il caso di rifare un'iniziativa analoga. Allora servì a scuotere la Dc che governava la città, oggi potrebbe avere un analogo effetto benefico».