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Prodi lavora la metà di Berlusconi

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A partire dalle 281 pagine di programma fatte sottoscrivere ai 9 partiti fondatori dell'Unione. Poi sono arrivati i 24mila voti di scarto con cui il centrosinistra ha vinto le elezioni, i 158 senatori (almeno fino ad ora) e, perché no, i 19 mesi di resistenza prodiana sulla poltrona di presidente del Consiglio. Ma, visto l'avvicinarsi della fine dell'anno, è un altro il numero che salta all'occhio: 119. Tanti sono i provvedimenti legislativi (leggi e decreti legge) promulgati dal governo in questo primo scorcio di legislatura. Meno della metà di ciò che fece Silvio Berlusconi nel 2001. L'allora governo di centrodestra, infatti, dopo un anno e mezzo di attività, aveva già sfornato 250 interventi. La differenza, insomma, è abbastanza evidente. Anche nel ritmo di lavoro. Se si escludono i mesi di agosto e ottobre 2007 (15 e 13), il governo Prodi non è mai andato oltre i 10 provvedimenti mensili. A giugno di quest'anno, per esempio, sono stati promulgati un decreto legge che prevede «Misure urgenti per l'attuazione di disposizioni comunitarie in materia di liberalizzazione dei mercati dell'energia» e una legge delega per il recepimento di alcune direttive europee. Certo, una sovrapproduzione di norme non è indice di qualità ma, anche nel merito, c'è un discreto scarto. Il Cavaliere, ad esempio, concentrò molti dei suoi sforzi sul programma dei primi 100 giorni di governo approvando, tra l'altro, la riforma del diritto societario, la legge obiettivo (infrastrutture), gli interventi per il rilancio dell'economia (Tremonti-bis), un provvedimento per il rientro dei capitali, il voto degli italiani all'estero. Inoltre si trovò ad affrontare l'inaspettata crisi politica, economica e militare seguita all'attentato dell'11 settembre. Di contro Prodi, se si eccettuano le emergenze (la missione Unifil in Libano), ha puntato tutto sulle due «lenzuolate» di liberalizzazioni messe a punto da Pierluigi Bersani. La concessione dell'indulto, infatti, altra grande bandiera dell'esecutivo di centrosinistra, ha spaccato la maggioranza e ancora oggi ci sono strascichi. Più o meno la stessa sorte è toccata al protocollo sul welfare, approvato meno di una settimana fa dal Senato, e duramente attaccato dalla sinistra radicale. Insomma l'impressione è che al governo non manchi la voglia di fare piuttosto la capacità. E non è un caso che provvedimenti a lungo sbandierati come i Dico siano lentamente e inesorabilmente finiti nel cassetto dei ricordi. Ci sarebbero poi altri due «piccoli» numeri. Il primo è il 31 cioè i voti di fiducia chiesti dal governo (27 su specifici provvedimenti). Un vero e proprio record che testimonia le difficoltà dell'esecutivo nel produrre leggi. L'altro è il due. Per ben due volte, infatti, il governo è stato costretto a correggere in extremis dei provvedimenti importanti. Lo fece lo scorso anno con la Finanziaria dove fu inserito, per una svista, il «comma Fuda» che accorciava la prescrizione per i reati contabili a carico della pubblica amministrazione. Lo ha fatto quest'anno lasciando decadere il decreto sicurezza perché cancellava la legge Mancino (che sanziona l'utilizzo di simbologie politiche riconducibili all'estrema destra e all'odio razziale). Insomma, nonostante il numero ridotto di provvedimenti approvati, sono riusciti anche a sbagliarli.

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