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Berlusconi intercettato, interviene l'Europa: «Così non si può fare»

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Giuseppe Gargani, presidente della commissione giuridica del Parlamento Europeo (è stato responsabile giustizia di Forza Italia) conferma, anche se ci tiene a spiegare che non si tratta di una sua iniziativa: «Mi risulta che vi siano state delle interrogazioni al presidente del Parlamento Europeo, Hans-Gert Pöttering, al quale è stato chiesto un chiarimento su quanto sta avvenendo in Italia». Gargani spiega che questo è dovuto «al fatto che è la prima volta che è possibile ascoltare una registrazione di una telefonata operata da magistrati mentre l'inchiesta è ancora in corso». E dunque, per l'esponente azzurro, «va considerato che l'Italia è uno stato membro dell'Ue e, visto che vi è una uniformità del diritto, non è pensabile che un solo Paese rischi di rappresentare una anomalìa». I punti critici per Gargani sono tre. Il primo: «A quanto leggiamo dai giornali l'intercettazione di Berlusconi non è avvenuta per notitia criminis, quindi non si capisce per quale motivo abbiano proceduto nell'indagine. Peraltro Napoli è piena di rifiuti, c'è un morto ammazzato al giorno e i magistrati inseguono attricette e starlette per reati che, qualora fossero stati commessi, hanno certamnete una rilevanza sociale meno allarmante». Il secondo punto riguarda le spese: «L'Italia continua a spendere, in termini assoluti e non in proporzione, di più di quanto spendono gli Stati Uniti d'America che pure possono contare il quadruplo degli abitanti. A questo punto si pone anche un problema sull'utilizzo e sulla conservazione di questi dati personali». Infine, il terzo punto. Per il presidente della commissione giuridica del Parlamento Europeo «questa continua attività di ascolto di deputati e senatori, la divulgazione senza alcun controllo delle loro conversazioni telefoniche senza alcun filtro è a questo punto una deturpazione della nostra Costituzione. E questo non è più tollerabile». Gargani non ne fa riferimento ma il caso dei politici ascoltati e delle loro telefonate diffuse attraverso i giornali, internet, le tv hanno finito per chiamare in causa tutte le principali cariche dello Stato. Per esempio il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, sulla pubblicazione delle chiamate del caso Rai-Mediaset aveva detto giusto un mese fa: «Le intercettazioni sarebbe bene che restassero dove devono restare, in linea di principio, almeno fino a che c'è il segreto istruttorio». Dunque, se anche il presidente della Repubblica interviene il caso c'è, il problema quantomeno si pone. Gargani, come considerazione personale, punta l'indice anche su un altra questione: «Nel caso di Napoli le intercettazioni sono state pubblicate anche come audio. Ora, considerato che agli avvocati vengono messe a disposizione soltanto le trascrizioni cartacee e non le registrazioni originali, è evidente che queste possono essere uscite da un solo ufficio. Ci aspettiamo dunque che la magistratura sappia far luce su questo elemento». La commissione giuridica di Strasburgo, tra l'altro, è chiamata nei prossimi giorni ad affrontare un altro caso, quello che riguarda Massimo D'Alema e la vicenda Unipol. In quella circostanza, infatti, il gip di Milano Clementina Forleo aveva chiesto l'utilizzo delle telefonate del vicepremier e ministro degli Esteri (in particolare quella in cui parla con l'ex presidente di Unipol Giovanni Consorte) che all'epoca delle intercettazioni era eurodeputato. Anche in quel caso, l'orientamneto appare chiaro.

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