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Intercettazioni, "giuste" solo se non riguardano la sinistra

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Maqueste dichiarazioni, nell'ordine, sono state rilasciate e rilanciate dalle agenzie di stampa nella primavera di quest'anno dal vicepresidente dell'Ulivo al Senato e dalemiano doc Nicola Latorre, dal presidente fdella Camera Fausto Bertinotti, dall'ex segretario della Quercia Piero Fassino e dal senatore diessino Giudo Calvi. Si parlava di conti all'estero della Quercia e della scalata dell'Unipol alla Bnl. Si parlava di intercettazioni. Tutti i leader del centrosinistra, all'indomani della pubblicazione sul sito di Repubblica del colloquio fra Silvio Berlusconi e il manager della Rai Agostino Saccà, tacciono. Non una parola di condanna. Nemmeno una critica. Neppure una nota polemica sul «metodo» piuttosto che sul contenuto della conversazione. Insomma, due pesi e due misure. Quando è tirata in causa, infatti, la sinistra (e in particolare i Ds) sbraita e protesta. Ma quando la stessa cosa accade al capo dell'opposizione il mutismo è d'obbligo. Eppure, pochi mesi fa, contro i giudici di Milano (rei di aver «permesso» la diffusione dei colloqui telefonici fra D'Alema e l'allore presidente dell'Unipol Giovanni Consorte, si levarono altissimi gli strali diessini. «Il Paese è investito da venti torbidi» e «le illazioni incredibili pubblicate contro Massimo D'Alema sono la dimostrazione dei veleni con cui si vuole intossicare la vita del Paese», disse l'8 giugno 2007 Fassino. Il 13 dello stesso mese il presidente del Consiglio Romano Prodi sottolineò che così si rischiava «di alimentare un clima di scontro e disagio verso istituzioni e politica che è inopportuno e pericoloso». Il giorno seguente, Fassino registrò «una costante azione che punta a destabilizzare le istituzioni democratiche (...) in nome di un'antipolitica pervasiva e alla deligittimazione morale e non solo politica dei singoli e del partito». E chiosò: così «la democrazia è più debole». Sempre il 14 giugno, D'Alema definì la pubblicazione delle intercettazioni su La Stampa «uno spettacolo indecente» e anche «un reato». Per questo disse che si aspettava «che qualcuno venga perseguito». E, infine, il 19, dichiarò che «l'aria» era «irrespirabile». Insomma, se alla gogna finisce il «nemico» Berlusca tutto è lecito. Ma chi tocca la sinistra commette un atto di lesa maestà.

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