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Prodi solo contro tutti

Prodi

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Poco importa si tratti del generale Roberto Speciale, di Walter Veltroni o del Capo dello Stato Giorgio Napolitano, il Professore non guarda in faccia a nessuno. Non si piega, ad esempio, davanti al comandante della Guardia di Finanza che a sorpresa, dopo la sentenza del Tar che sabato lo ha reintegrato nel proprio incarico ritenendo illegittima la rimozione effettuata dal governo lo scorso giugno, ha deciso di rassegnare le proprie dimissioni. Lo fa con una lettera al Capo dello Stato. «Il mio senso immutevole di obbedienza verso lo Stato e, dunque, verso di Lei - scrive Speciale -, mi spienge a rassegnare nella Sue mani le mie irrevocabili dimissioni dal Comando, proprio oggi che questo Comando, come le sarà certamente noto, mi è stato nuovamente restituito dai Giudici e, perciò, mi spetta di diritto. Questa mia scelta, con la quale auspico di porre fine, nell'interesse del Paese, ad una inutile e vergognosa polemica, è l'ultimo atto che, da militare, intendo fare a servizio della Gdf e dello Stato, non desiderando più collaborare con il Governo in carica». Parole dure, definitive. Parole che per una parte dell'Unione (Rifondazione e Idv in testa) segnano la fine delle ostilità. Non per Prodi. Il Professore critica senza mezzi termini quella che definisce una lettera «irrituale nei modi e nel contenuto» e annuncia: «La posizione del governo non cambia». In serata, comunque, il ministro dell'Economia Tommaso Padoa Schioppa accetta le dimissioni di Speciale e fa sapere che valuterà se fare ricorso contro la sentenza del Tar. Scelta che, comuqnue, vede la contrarietà di parte della maggioranza. Ma Prodi sceglie la linea della fermezza anche con il Quirinale. In una lettera inviata al capogruppo di An Altero Matteoli Giorgio Napolitano fa sapere che riserverà un «esame attento e rigoroso» a quella parte del decreto sicurezza che contiene le norme antiomofobia. Norma votata dal Senato, scrive il Capo dello Stato, «in una dizione che contiene oltretutto riferimenti erronei». La risposta del governo è affidata al ministro Giuliano Amato: «L'esecutivo non ha alcuna intenzione di emendare, il provvedimento resta così com'è». L'ultimo niet il premier lo riserva all'amico-nemico di sempre: Walter Veltroni. I due si ritrovano faccia a faccia per presentare il libro scritto dal capogruppo del Pd alla Camera Antonello Soro. Incalzati da Lucia Annunziata affrontano il tema della legge elettorale. Dopo i complimenti di rito il Professore guarda in faccia Veltroni e lancia il suo avvertimento: «La riforma non può calpestare le forze minori». Che tradotto vuol dire: nessuna legge che apra allo scenario bipartitico Pd-Pdl. Un veto che arriva proprio nel giorno in cui Veltroni, intervistato dal Foglio, ribadisce: «Il Pd è disposto ad andare da solo alle urne». Ma il «testardo» Prodi è di tutt'altro parere.

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