Cerca
Logo
Cerca
Edicola digitale
+

L'Udc resta spaccata come prima. Il Consiglio nazionale di ...

default_image

  • a
  • a
  • a

Nella sua relazione Lorenzo Cesa ha attaccato entrambi duramente. Prima l'ex ministro per i rapporti con il Parlamento: «Il tempo delle furbizie è finito. Serve unità per rilanciare il nostro progetto politico. Altrimenti chi non ci sta tratta le conseguenze». «Non consentirò mai doppie tessere e doppie appartenenze — ha proseguito — Chi se ne vuole andare, può farlo, ci dispiacerà molto ma è libero di aderire a nuovi progetti». Poi è toccato all'asse Baccini-Tabacci: «Se si vuole parlare di costruire un'aggregazione di centro attorno all'Udc, rilanciare la casa dei moderati, allora si tratta di rilanciare semplicemente la linea congressuale. Non sarebbe nulla di nuovo. Fino a quando sarò io segretario non ci sarà alcun cedimento verso il centrosinistra: siamo e resteremo alternativi a questa sinistra, in competizione e in concorrenza con il Pd». Pier Ferdinando Casini, al termine del consiglio, è stato ancora più duro: «Questo voto fa giustizia di chi ha cercato di metterci i bastoni tra le ruote». Immediata la replica di Bruno Tabacci: «Ho controllato ed ho ancora la testa attaccata al collo ma vorrei far notare che la decisione del Manifesto di Subiaco di non far partecipare i suoi consiglieri nazionali alla presunta mattanza (mi pare che gli assenti fossero 140) e il dissenso dei presenti vicini a Giovanardi, dicano che il dibattito nel partito è assai vivo e continuerà». Mario Baccini sceglie invece la strada ecumenica»: «La relazione di Cesa è insufficiente e non scioglie i nodi interni al Partito. Quella di Casini aiuta a dare un contributo al dibattito interno. Apprezzo la coerenza di Giovanardi. Condivido l'intervento di Tabacci». Arrabbiatissimo proprio Carlo Giovanardi dopo che nella mozione approvata dal consiglio si parla di «condanna» delle iniziative esterne agli indirizzi congressuali: «È avvilente leggere su una mozione la parola "condanna". Solo la Santa Inquisizione o i partiti stalinisti usavano parole simili». Ma a liquidare velenosamente il dibattito interno ai centristi ci ha pensato Walter Veltroni: «Francamente ho dei dubbi sul fatto che la Chiesa italiana che ha avuto come riferimento politico un grande partito come la Dc voglia avere come riferimento politico una forza dell'8 o del 9 per cento».

Dai blog