L'assemblea stile '68 processa il Prof
È come se, per un giorno, i militanti di Rifondazione, Verdi, Pdci e Sinistra Democratica avessero occupato il padiglione 10 della Nuova Fiera di Roma. Così non c'è da stupirsi se a metà pomeriggio, con un «esproprio proletario», gli organizzatori sfrattano i giornalisti e si appropriano della sala stampa per una «riunione urgente». Nessuna regola prestabilita. Ognuno può dire e fare quello che vuole. Dopotutto questo è il «giorno della base». Con nove workshop tematici (dal welfare alla pace, dall'ambiente ai diritti civili) organizzati proprio per dare a tutti la possibilità di partecipare alla costruzione del nuovo soggetto. Partendo dai contenuti e non dagli organigrammi. E non è un caso che oggi, dopo gli interventi dei quattro leader, i lavori si concluderanno con la presentazione di una «carta d'intenti» che conterrà un po' di tutto ma che, in fondo, dirà poco o niente. Il fatto è che, nonostante i sorrisi di circostanza, nella Sinistra l'Arcobaleno, almeno per ora, nessuno è disposto a cedere spazi di sovranità agli altri. Basta passeggiare per le sale del padiglione 10 per accorgersi. All'ingresso ci sono tutti gli organi di stampa: il mensile Aprile (Sinistra Democratica), Liberazione (Rifondazione), Notizie Verdi e la Rinascita della Sinistra (Pdci). I moderatori dei tavoli di lavoro sono rigorosamente lottizzati tra i diversi partiti e, regola ferrea, devono sempre essere almeno due. In fondo, si fa notare, è una federazione e, come tale, non ha bisogno di un leader, men che meno unico. Eppure è proprio «unità» la parola che risuona con più forza all'interno del padiglione. Pietro Ingrao, nume tutelare della Sinistra, lo ha detto chiaramente alla Stampa: «La Federazione non mi persuade avrei preferito una fusione». Giustificando così la sua assenza alla Fiera di Roma (anche se gli organizzatori sostengono che potrebbe comunque scegliere di venire all'ultimo minuto o di inviare un messaggio). E anche il comico Andrea Rivera, a cui spetta il compito di aprire la kermesse, lo dice chiaramente salutando Oliviero Diliberto: «Speriamo di dare un po' di unità a questa sinistra perché la gente non ce la fa più». Non ce la fa più soprattutto la base che non perde occasione per manifestare il proprio disagio. Così le «Femministe autoconvocate» al grido di «Su legge 40, unioni civili, laicità, autodeterminazione dei soggetti si può o no aprire una crisi di governo?», trasformano il workshop su libertà e diritti in un'assemblea autogestita che diventa subito un processo al Pd e a certe «derive centriste» del governo. Non va meglio altrove dove quasi tutti chiedono al governo «provvedimenti concreti» su welfare, sicurezza, lavoro, ambiente, pace. «Così come si sta muovendo - incalza un giovane militante - l'esecutivo non ci rappresenta». «Serve una svolta» gli fa eco un altro. Guai, però, a parlare di «crisi». Per tutti l'obiettivo primario è la verifica di gennaio. Anche per questo, passando da una sala all'altra, Mussi, Diliberto, Pecoraro Scanio e Giordano rassicurano quelli che li fermano. Bloccare l'ampliamento della base Usa di Vicenza? Ne parleremo nella verifica di gennaio. Interventi sui redditi? Nella verifica. Più misure ambientali, pace e diritti? Ovviamente a gennaio. Per fare tutto però, ammoniscono, servirà una sinistra «plurale, unitaria e federativa». Una sinistra che sia in grado di assumersi anche responsabilità di governo. In un angolo, però, qualcuno ricorda che «il Pci all'opposizione fece approvare lo statuto dei lavoratori». La Sinistra l'Arcobaleno, insomma, non ha più alibi. E neanche Prodi.