Addio Unione
Maggioranzasempre più in difficoltà. Le parole di Fausto Bertinotti che di fatto puntano alla liquidazione di Romano Prodi il centrosinistra traballa in Parlamento. Alla Camera la Finanziaria procede a rilento e tra mille inciampi anche se la maggioranza comunque tiene. Al Senato, dove si sta discutendo il decreto sulla sicurezza, la situazione è peggiore. E alla fine vengono votati, e respinti, solo 5 emendamenti presentati dal centrodestra. Ma Governo e centrosinistra vengono battuti ben due volte (anche se non su questioni di merito ma su questioni procedurali riguardanti votazioni di emendamenti). Soprattutto in mattinata i voti per l'Unione sono contati: due assenze, il senatore italo-argentino Luigi Pallaro e Stefano Zuccherini di Rifondazione Comunista. Tra i senatori a vita c'è solo Rita Levi Montalcini. La maggioranza porta l'asticella a quota 157 contro i 156 dell'opposizione. La discussione di infiamma su uno dei temi più cari all'estrema sinistra, quello sui Cpt. La maggioranza contesta la scarsa chiarezza del testo di un emendamento del governo che nasce dalla mediazione con la sinistra radicale. Gerardo D'Ambrosio, senatore eletto con i Ds e famoso per essere stato il capo della Procura di Milano, esordisce bocciando senza appello il decreto. Viene chiesta una mezz'ora di riflessione per mettere a punto l'emendamento. Alla ripresa dei lavori il presidente della Commissione Affari Costituzionali, Enzo Bianco, insieme con il governo chiede una ulteriore sospensione per un rinvio, anche se di breve durata, del decreto in Commissione. Con 156 no e 154 sì maggioranza e governo vanno sotto. Nelle fila della maggioranza mancano tre voti all'appello. La seconda questione la pone Francesco Nitto Palma di Forza Italia, ex pm della Procura di Roma che chiede di votare per parti separate un suo emendamento. Con 156 sì e 154 no la maggioranza conosce il secondo scivolone della mattinata anche se il senatore Antonio Boccia denuncia che tra le fila dell'opposizione sono in piena attività i «pianisti». Le turbolenze della mattinata si trascinano sino a pranzo quando si svolge un vertice vertice al quale partecipano i ministri Giuliano Amato e Clemente Mastella. E viene deciso di non porre la questione di fiducia. Ma le divergenze restano. Si preoccupa anche il Quirinale, al punto che interviene Napolitano, secondo il quale sui temi relativi alla sicurezza c'è un ritardo «non solo in Lombardia ma in tutta Italia». L'approccio auspicabile per affrontare questi temi è «la chiave cooperativa e non conflittuale». «La stessa chiave cooperativa e non conflittuale - dice il presidente - appare la più consigliabile e può risultare la più produttiva nel confrontarsi con la tematica della sicurezza nella sua molteplice e più complessa accezione e per l'aspetto cruciale dell'ordine pubblico, del contrasto verso la criminalità, anche quella in cui sconfina l'immigrazione clandestina». Ma non basta. Restano le divisioni. Al punto che anche Mastella deve ammettere: «Come potete pensare che dopo quello che ha detto Bertinotti non ci siano problemi. Il problema politico c'è. Non possiamo fare finta di niente». «Se Rifondazione comunista - aggiunge - pensa di tenere in piedi il governo come riserva aurea per la legge elettorale, se pensano di ricattare Prodi, allora siamo noi che non ci stiamo perché questo non è il bene del Paese ma lo è di questo o di quel partito». E conclude: «Diciamocelo chiaramente, qua sono mancati 400 mila voti. Forse è addirittura irregolare che noi siamo maggioranza».