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Il partito del Cavaliere era nell'aria da tempo Ma gli alleati hanno fatto finto di non accorgersene

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Esi diverte, sempre scrivendo, a interpretare i maggiori protagonisti dello scenario politico italiano. Effettivamente oggi tutto è in movimento. Ma il via al processo di cambiamento non è stato dato, com'è noto, dalla creazione del Pd (un evento previsto da anni) e neanche dal fallimento della spallata al governo Prodi da parte della ex Cdl. Il «partito di San Babila», come è stato criticamente definita l'improvvisa uscita di Silvio Berlusconi, che ha preannunciato la creazione del «partito del Popolo» (o della libertà), era nell'aria da molto tempo. Solo che gli alleati fingevano di non accorgersene perché cullavano altri progetti. Innanzitutto Casini e Cesa (Udc) sognavano di rendersi autonomi puntando sulla Cosa bianca. Da anni però i tentativi di dar vita a una formazione centrista, una sorta di nuova edizione democristiana, con Mastella, gli scontenti della ex Margherita, i gruppi di Savino Pezzotta, associazioni cattoliche, piccoli frammenti sparsi dell'ex dc e persino con una parte dell'Italia dei Valori di Antonio Di Pietro non sono approdati a nulla. Ora però la Cosa bianca, con la chiusura della Cdl, da una parte, e la riforma del sistema elettorale in senso proporzionale, dall'altra, è molto più probabile che venga realizzata. Certo, sarà decisivo l'accordo tra Veltroni e Berlusconi sul modello proporzionale prescelto (tedesco o spagnolo) e soprattutto sulla soglia di sbarramento. Un problema che interesserà molto anche i socialisti (ora riuniti nel Ps) che avranno sicuramente molte difficoltà a raggiungere quota 5% (se sarà questa la «tagliola» indicata). Non vi dovrebbero essere problemi, invece, per la Cosa rossa, che quasi certamente comprenderà Rifondazione comunista, il partito dei comunisti italiani, Sinistra democratica, i Verdi e qualche altro orfano dell'ex pds. Naturalmente questo partito (che forse non avrà più nel simbolo la falce e martello) sarà sostenuto da tutta quella galassia dell'associazionismo della sinistra estrema. Poi ci sono la Lega e An. Il partito di Bossi-Maroni si configura sempre di più come una forza politica regionale del nord. Infatti, dopo una iniziale reazione critica di Bossi all'annuncio di San Babila, i leader leghisti hanno commentato con rispetto le decisioni di Berlusconi. Alleanza Nazionale teme fortemente (come l'Udc) un deflusso dei suoi elettori verso la formazione maggiore del centrodestra, ma Fini sta in tutta fretta riorganizzando il partito, accreditandolo sempre più come una formazione moderna della destra europea, aperta alle istanze sociali, cercando di accelerare l'ingresso nel partito popolare europeo. Le altre piccole formazioni alla destra di An («la Destra» di Storace-Santanchè e quella di Alessandra Mussolini), alla fine, finiranno con l'aderire, organicamente o con accordi elettorali, al Partito della Libertà, destinato a diventare — come confermano i sondaggi recenti — il primo partito italiano. Soffermiamoci sulla nuova creatura politica di Silvio Berlusconi, che ha suscitato anche un vespaio di critiche e riserve da parte di alleati ed ex alleati di Forza Italia. Per brevità, esemplifichiamo. 1) Forza Italia non è mai stata, sin dalle origini, un modello di partito tradizionale. Si è configurata come un movimento di opinione, moderato, liberale, con una forte componente cattolica (costituita soprattutto da ex dc), priva nel territorio di sezioni tradizionali, ma con un ancoraggio nei club e nei circoli culturali (quelli di liberal, quelli di Dell'Utri e più recentemente quelli di Michela Brambilla). Una formazione nata e cresciuta sul modello voluto da Berlusconi. Può piacere o non piacere. Perché allora scandalizzarsi se il leader di Forza Italia non convoca congressi e si limita a promuovere un'assemblea costitutiva per dar vita al nuovo partito? Ma Forza Italia ha mai realizzato un congresso per le elezioni dei dirigenti, con liste, mozioni, alternative, come abbiamo conosciuto nelle forze politiche del dopoguerra? 2) I critici, per la verità pochini (la stragrande maggioranza ha applaudito il progetto del partito della libertà), si lamentano che l'iniziativa sia stata partorita dal cervello del capo e che pochissimi dirigenti siano stati coinvolti nella fase dell'ideazione. Tutto questo è vero, anzi verissimo, ma la spiegazione si trova al punto uno. 3) Gli ex alleati della Cdl (soprattutto Fini e Casini) sono stati i più duri nei loro commenti. Forse però qualche responsabilità va ricercata all'interno delle loro «case». Entrambi i leader hanno sperato in passato di subentrare a Berlusconi nella leadership del centro destra. Ma, via via che il tempo passava, i giovani candidati delfini diventavano più impazienti, poco inclini ad aspettare i tempi lunghi. E allora, per primo, Pier Ferdinando Casini ha cominciato a distinguersi sempre di più, assumendo posizioni politiche autonome e di fatto uscendo dalla Cdl. Anche Gianfranco Fini, negli ultimi tempi, ha alzato la bandiera dell'indipendenza, decidendo, dopo una serie di autonomi comportamenti, che An doveva avere le «mani libere». Tutti attendevano la «spallata» per poi riproporre candidature e forse una nuova spartizione di poltrone e poltroncine, sul piatto di nuove idee,contenuti e programmi aggiornati. Così almeno è sembrato. Non a caso Berlusconi ha commentato amaramente: «Forza Italia era rimasto l'unico partito della Cdl con le mani legate». 4) Il nuovo Partito del Popolo (o della libertà) sarà una formazione innovativa,una sorta di «rete», che comprenderà Forza Italia (che, per il momento, non si scioglierà), associazioni, circoli e tutti quei partiti del centrodestra che decideranno di aderire. Si sta dunque aprendo una nuova fase dello scenario politico, con la formazione di quattro-cinque formazioni.Si va cioè delineando una semplificazione del panorama politico italiano che tenderà a somigliare ai maggiori paesi europei. Il vero nodo da sciogliere rimane però il modello elettorale che soprattutto i due grandi partiti (Pd e Pdl) decideranno di scegliere. A quel punto il referendum di Guzzetti-Segni sarà definitivamente archiviato e le elezioni anticipate saranno veramente vicine, al punto che nessuna alchimia, compromesso e diplomazia di Romano Prodi riuscirà più a rinviare.

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