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Anche la Cosa rossa abbandona Fausto: «Attacco sbagliato»

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«Alla fine del percorso - aggiunge - io voglio riconoscere al Pd il diritto a trovarsi gli alleati che vuole, ma voglio garantire a noi il diritto di tornare all'opposizione». Parole apparentemente senza appello, che scatenano la bagarre anche nella sinistra. L'analisi di Bertinotti non piace a nessuno dei possibili compagni di strada del Prc. Non a Fabio Mussi né ad Alfonso Pecoraro Scanio e nemmeno ad Oliviero Diliberto. Diverso, naturalmente, l'atteggiamento di Rifondazione Comunista che fa quadrato, dopo aver lanciato l'idea di un referendum tra gli iscritti, al termine della verifica, per valutare se restare o no al governo. Giordano incontra a lungo Bertinotti. Tra i due c'è piena sintonia. Il segretario è scettico sulla spinta riformatrice di Palazzo Chigi: «Non è nel novero delle cose possibili io ora dal governo Prodi mi aspetto il minimo». Anche il capogruppo al Senato Giovanni Russo Spena sottolinea che Bertintotti «si è limitato a denunciare una situazione molto critica che è reale, e non certo per responsabilità del Prc o della sinistra». Nel partito però non la pensano tutti allo stesso modo. Claudio Grassi, coordinatore di Essere Comunisti, invita il presidente della Camera ad avere «l'onestà intellettuale di ammettere» che a fallire è la linea politica del partito, che al congresso di Venezia ha deciso di allearsi con Prodi. Ma, al di là dei mal di pancia interni, per il Prc le cose si complicano soprattutto nel rapporti con Verdi, Pdci e Sd. E la questione sarà discussa, probabilmente con toni accesi, nel vertice di oggi tra i 4 segretari. Le parole di Bertinotti, infatti, sembrano aver scoperchiato contraddizioni tra le anime della sinistra. Oltre ai distinguo nel giudizio sul governo, a dividere è anche il significato della verifica, chiesta per gennaio. Se per Rifondazione l'esito del confronto con Prodi è dirimente, Verdi e Sinistra Democratica la interpretano come un modo per rafforzare governo e maggioranza. Ne è convinto Mussi, che replica secco a Bertinotti: «Non esiste una grande forza politica che non parta sempre da un'ambizione di governo». Stesso richiamo arriva anche dal segretario del Pdci: «L'unità della sinistra è il presupposto per pesare di più sulla scena politica e per potersi poi candidare, con maggiore ruolo, in un sistema di alleanze, al governo del Paese. Noi abbiamo la vocazione ad essere "partito di governo"». Ed è severo anche il giudizio di Pecoraro: «Parlare di fallimento del programma quando dobbiamo fare una verifica per rilanciarlo è ingeneroso».

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