"Ora basta aiutare Prodi. Non voteremo la Gentiloni"
eantenne, visto che è il presidente della commissione di Vigilanza Rai. È stato il portavoce della destra. Ed è stato alla guida di uno dei dicasteri che Berlusconi considera più strategici, quello delle Comunicazioni. Mario Landolfi è un crocevia. Fedelissimo di Fini può annoverare tra i suoi vice, alla Vigilanza Rai, anche Paolo Bonaiuti, che di Berlusconi è portavoce. Sarà anche per questo che parla piano, misura le parole, quasi le detta. Presidente, Berlusconi per tutto il giorno non ha fatto altro che tendere la mano agli alleati. Che cosa risponde An? «Che con Berlusconi non c'è mai stata alcuna questione personale. È solo una questione politica. Noi siamo attestati sulla linea di sempre, quella della difesa del bipolarismo. Vorremmo che su questi temi ci fosse una idea chiara». Intanto il Cavaliere sembra aver compiuto un passo avanti. «Sì, ma guardi che il punto non è questo. Insomma, la diagnosi di Berlusconi è esatta. È la terapia che è sbagliata. È stato lui a rilanciare la politica delle mani libere che è il trionfo del teatrino della politica. Il suo modo di agire sembra rendere stabile quel teatrino della politica che lui dice di voler chiudere». D'accordo presidente, appare tuttavia chiaro che adesso tende la mano, ha parole concilianti nei confronti degli alleati. Non è un fatto nuovo? «Vorremmo che si facesse un passo indietro». Un passo indietro? «Sì, torniamo al 2 dicembre. Quello del 2006. C'è stata una grande manifestazione di piazza. Tre partiti e un solo popolo. Il messaggio che è arrivato dalla nostra gente è stato chiaro. Da quel momento An ha chiesto, ha lavorato per avviare un processo unificatore del centrodestra. A luglio, ci è stato comunicato che non era possibile procedere». Vi è stato comunicato da chi? Da Berlusconi? «Basta rileggere le dichiarazioni dei più autorevoli esponenti di Forza Italia, se ne troverebbero pochissime favorevoli al soggetto unitario: tutti dicevano che non si poteva fare. Preso atto di questo, An ha rilanciato la sua iniziativa che è culminata nella manifestazione del 13 ottobre con mezzo milione di persone. Il resto è cronaca». Ma adesso che cosa ostacola il dialogo tra Fini e Berlusconi? «An è un partito che ha una sua precisa identità». E che cosa significa? «Che An non può decidere da sola. Ha bisogno di un congresso, di sentire la propria base, il nostro popolo deve esprimersi. Insomma, An è un partito. Che come ogni partito ha i suoi riti, le sue liturgie». Proprio quelle che Berlusconi vuole combattere? «Prenda atto che noi abbiamo una storia diversa. Penso sia giusto che tutti la rispettino. Vorremmo che si ritornasse allo spirito del 2 dicembre dell'anno scorso, uno spirito unitario». Senta, Berlusconi è così. Anche quando nel '94 fondò il Polo agì allo stesso modo. Perché oggi lo contestate? «Ma non si possono contestare due fasi storiche così diverse. In quel periodo c'erano partiti che erano in via di trasformazione, si è trattato di una fase direi rivoluzionria. Oggi non è così». Ma non è che gira e rigira il problema è che Berlusconi non è morto. Nel senso che in discussione c'è la sua leadership? «Ma per piacere. Mi trova una dichiarazione, una frase, una parola di Fini che metta in discussione la leadership di Berlusconi? Non inventiamo falsi problemi». An non teme adesso di rimanere isolata? «No, An non può essere né annessa né isolata. Il Vassallum non ci piace non perché ci possa isolare, prospettiva inesistente, ma perché priverebbe i cittadini di un diritti a cui non possono rinunciare: chi li governerà». È meglio l'uovo dell'identità oggi o la gallina della leaderhisp finiana del futuro partito unitario? «È utile rompere le uova se si vuole mangiare una frittata, invece intravedo nell'annuncio di Berlusconi un duplice rischio. Il primo: l'opinione pubblica percepisca come esistente solo la coalizione di centrosinistra, pur con tutti i suoi limiti e i suoi difetti». E il secondo? «Che Prodi finisca per essere considerato come l'unico elemento di certezza». Presidente, Fini annuncia le mani libere sulle tv. Voterete la Gentiloni? «No, non la voteremo. Siamo contrari a leggi che abbiano un intento punitivo e persecutorio. Esiste un problema Rai che quella legge sicuramente non risolve. Fa entrare dalla porta quello che era uscito dalla finestra, ovvero l'invadenza della politica. C'è una grande questione di governance e vorremmo che venisse discussa attentamente». La Rai potrebbe entrare nel pacchetto delle riforme di cui si discute in questi giorni? «Le rispondo di sì anche se non vedo grandi possibilità. Vorremmo che su queste questioni ci fosse un dibattito serio, si tratta di stabilire regole per tutti, le regole per il Paese».