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Prodi è ormai fuori dal gioco

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Walter e Silvio dialogano come se Prodi non esistesse, come se il suo governo fosse già caduto, come se l'attuale presidente del Consiglio non contasse più nulla. Il segretario del Pd, già prima della sua investitura ufficiale, ha cominciato a parlare da capo dell'esecutivo e, in questi giorni, sta portando avanti (con successo, per il momento) una serie di incontri con i leader dell'opposizione per realizzare una serie di riforme condivise. Ecco, allora, che il Prof rilascia dichiarazioni su quello che gli resta, anche se non si tratta di argomenti particolarmente di «primo piano». Ieri, ad esempio, ha parlato dell'allargamento a Est dell'Ue («L'Unione europea deve mostrare più coraggio e determinazione nello sviluppare la sua azione verso l'Est, ma soprattutto, verso il Mediterraneo»; della questione-romena («L'apertura della Romania alle nostre imprese, dell'Italia ai lavoratori romeni, l'abolizione dei visti tra i due Paesi, decisa nel 2002, ci obbliga a nuovi compiti di gestione del flussi, di integrazione di nuove unità di lavoratori, di sforzi per garantire allo stesso tempo la sicurezza dei diritti e il diritto alla sicurezza, l'integrazione e la piena legalità»); della politica-spettacolo («Nell'era della politica spettacolo, solo gli avvenimenti improvvisi e imprevisti hanno qualche spazio. Le cose costruite con pazienza, pietra su pietra, diventano forzatamente banali»); dell'Europa che ci serve (che, secondo il premier, deve essere «unita negli obiettivi, ferma nei suoi valori, differenziata al suo interno, flessibile, efficace e creativa nei suoi rapporti con i vicini e, proprio per questo credibile sulla scena globale»). Nulla di nuovo, certo. Ma neanche nulla che abbia a che fare con la politica italiana. Il tutto Romano Prodi lo ha affermato nella sede del Mulino, a Bologna, durante l'assemblea dei soci (il Professore fa parte della prestigiosa associazione dal 1969). Prima dell'incontro, accompagnato dai giornalisti dalla propria abitazione alla vicinissima sede del Mulino, il premier non ha voluto rispondere a domande sull'attualità politica. Insomma di quello di cui dovrebbe parlare, Prodi non ne vuole parlare. Poco prima dell'assemblea del Mulino, tuttavia, ha disquisito anche sul suo sport preferito, il ciclismo. «Quest'anno è proprio il Giro d'Italia. Aver scelto non il Giro, ma da Sud a Nord, permette di attraversare tutto il Paese a partire dalla Sicilia», ha detto in una intervista-messaggio ad Alessandro Fabretti di Raisport. Se lui tace, però, qualcun altro non segue il suo esempio. E preconizza la sua prossima fine. Non si tratta del «solito» annuncio di fine legislatura che ripete il Berlusca un giorno sì e l'altro pure. Ma del sindaco di Venezia Massimo Cacciari, che al giornale del fratello del cavaliere ha dichiarato: «Ultimamente il governo ha trovato una stabilità nell'instabilità però ormai la rotta di Prodi e quella di Veltroni sono divergenti. Questa situazione non può certo durare tre anni e, se non ci saranno prima altri problemi, si interromperà per il referendum o per l'accordo sulla legge elettorale».

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