Forleo sotto torchio. Chi indaga a sinistra finisce sempre male
Carlo Nordio, sostituto procuratore di Venezia che nel 1999 indagò su imprenditori e coop rosse ma poi abbandonò. E, volendo ancora andare ancora più indietro nel tempo, Tiziana Parenti componente del pool «Mani Pulite». Una lista in cui potrebbe ben figurare anche l'ex procuratore generale di Napoli, Agostino Cordova, osannato dalla sinistra partenopea e poi caduto in disgrazia presso la stessa quando si rese conto che le sue indagini avrebbero colpito anche gli interessi della Campania rossa. Un elenco di magistrati uniti da un sottile filo. Rigorosamente rosso e che li contraddistingue per il fatto di essere stati messi ai margini della magistratura, e in alcuni casi sotto inchiesta, ogni qual volta hanno cercato di indagare sugli affari della sinistra. Ne sa qualcosa Clementina Forleo, il battagliero gip di Milano che proprio in questi giorni ha assistito all'apertura di un procedimento disciplinare nei suoi confronti da parte della Corte di Cassazione. Il secondo procedimento visto che il primo, l'indagine conoscitiva aperta dinanzi al Csm, già è stato avviato dal 6 novembre. Il tutto parte dall'inchiesta della fallita scalata di Unipol alla Banca Nazionale del Lavoro e dall'ordinanza emessa dalla stessa Forleo in cui definiva senza mezzi termini il ministro degli Esteri D'Alema ed il senatore del Pd Latorre «consapevoli complici di un disegno criminoso» e arrivando a ipotizzare per loro il possibile concorso nel reato di aggiottaggio. Quanto basta per iscriverla di diritto nella lista dei nemici della sinistra. E poco prima c'è finito anche il pm napoletano ma di Catanzaro, Luigi De Magistris. Per lui il Csm deciderà tra un paio di settimane se confermare o meno il trasferimento richiesto dal ministro della Giustizia Mastella. E sarà un caso ma anche stavolta di mezzo ci sono inchieste che colpiscono da vicino esponenti della sinistra. Ufficialmente la richiesta di trasferimento si riferisce all'inchiesta sulle «toghe lucane», che da maggio De Magistris portava avanti e riguarda il presunto comitato di affari che avrebbe agito in Basilicata. Ma ben altre sono le inchieste di cui era titolare il pm. Tra cui quella «Why not» in cui sarebbero indagati sia il premier Prodi, anche se da Palazzo Chigi non è mai giunta la conferma, e sia lo stesso ministro Mastella. Più che semplici coincidenze. Come nel caso dell'allontanamento negli anni '90, quelli degli arresti di Tangentopoli, dal pool di Mani Pulite di Tiziana Parenti detta anche «Titti la rossa» perché attenta nell'investigare sui fondi occulti dei comunisti. Entrata per dare una mano ai suoi colleghi e ben presto fuori dalla squadra, sostituita da Ilda Boccassini. La ragione? Aver cercato di fare luce sul sistema di finanziamento illecito che allora coinvolgeva il Pci poi Pds. Avrebbe voluto indagare sulla vicenda del conto «Gabietta» e sulla tangente Enel di oltre un miliardo di lire al Pci. Ma alla fine si trovò spostata alla Dda. E di quella indagine non se ne seppe più nulla. Non se la passò meglio Carlo Nordio, colpevole anche lui di voler indagare sui trasferimenti illeciti di denaro verso il Partito Comunista. Un immenso patrimonio immobiliare, circa mille miliardi di lire, fittiziamente intestato a prestanome, ma in realtà riconducibile al Pci-Pds. Anche per lui si aprirono le porte della «lista rossa» tanto che alla fine nessun esponente di primo piano dell'allora Pci fu incriminato. Ed infine Agostino Cordova salutato come il nuovo Gerardo D'Ambrosio di Napoli dalla politica e dalla magistratura campana di sinistra e poi costretto ad abbandonare la sua poltrona. Troppo il timore di vederlo indagare su Bassolino ed i Ds circa l'inchiesta rifiuti. Troppo pericolosa la sua indipendenza. E così fu lo stesso Csm a decretarne l'incompatibilità ambientale e a trasferirlo a Roma in Corte di Cassazione. Lì dove non avrebbe potuto nuocere.