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Diliberto fa esplodere la Cosa rossa

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Alle15 è fissato un incontro dei quattro segretari della Cosa rossa (alla fine dovrebbe chiamarsi «La Sinistra»). Bisogna definire i dettagli degli Stati generali dell'8 e 9 dicembre ma, soprattutto, bisogna scegliere il simbolo della federazione. Il clima, però, è tutt'altro che buono. I Verdi, dopo aver dato battaglia per inserire nel nome del nuovo soggetto un aggettivo che richiamasse l'ambientalismo («La sinistra ecologista», «La sinistra rosso-verde»), stanno riconsiderando la possibilità di federarsi con Rifondazione, Comunisti Italiani e Sinistra Democratica. Ci sarebbe la questione del simbolo (non vogliono e non possono rinunciare al Sole che ride e per questo propongono di rimandare ogni decisione a dopo gli Stati generali) ma, soprattuto, ci sarebbe la volontà di molte realtà locali di presentarsi con proprie liste alle elezioni amministrative. E poi c'è il Pdci. Il partito di Oliviero Diliberto è affettivamente legato alla falce e martello ma, soprattutto, si muove troppo spesso in una logica autonoma. Lo fa anche in occasione del voto finale al decreto sul welfare. Dei 17 membri del gruppo a Montecitorio, solo tre Comunisti italiani si presentano in Aula (il segretario Oliviero Diliberto, il capogruppo Pino Sgobio e l'ormai ex presidente commissione Lavoro Gianni Pagliarini). Per Mussi, Giordano e Pecoraro Scanio è troppo. Quando Diliberto si presenta al gruppo di Rifondazione per sedersi al tavolo delle trattative i tre lo accusano di atteggiamento «strumentale» e la riunione non inizia affatto. Uscendo, il leader del Pdci difende la propria scelta: «Abbiamo dato un segnale politico». Ma Sd, Prc e Verdi diramano un comunicato congiunto in cui bollano la scelta del Pdci come «sleale verso il processo unitario». «È stata un'iniziativa propagandistica - incalzano - assunta sapendo che comunque non avrebbe avuto effetti sulla coalizione e sul governo». La rottura si è consumata. Viene convocato un nuovo vertice, ma non è chiaro se Diliberto sarà tra gli invitati. Tocca a Fausto Bertinotti richiamare tutti all'ordine: «L'unità è, per tutte le forze politiche di sinistra, una condizione esistenziale di questa fase storica per cui non può subire alcuna alterazione da qualsiasi elemento di turbativa, piccolo o grande che sia». A questo punto Giordano riconvoca tutti presso il gruppo di Rifondazione. A lui il compito di cercare di ricucire lo strappo.

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