Parte la settimana del dialogo
[...]il segretario del Pd Walter Veltroni e il leader di Alleanza Nazionale Gianfranco Fini. Qualcuno l'ha già ribattezzata la «settimana del dialogo» visto che, venerdì, il sindaco di Roma incontrerà anche Silvio Berlusconi. Probabilmente dopo aver visto Lega (che fisserà una data dopo la cena di stasera ad Arcore con il Cavaliere) e Udc. Sul tavolo il tema delle riforme, a partire da quella della legge elettorale. Insomma ci sono tutti gli elementi per pensare che, tra sette giorni, qualcosa cambierà. Le posizioni in campo sono note. Il leader del Pd lo ha ribadito anche durante il tradizionale convegno promosso a Saint Vincent dalla Fondazione Donat-Cattin (quest'anno dedicato al tema «Dall'antipolitica alla politica dei valori»): occorre fare insieme le riforme possibili senza limitarsi alla sola legge elettorale. Veltroni ha rilanciato il dialogo tra gli schieramenti per far finalmente «uscire, tutti insieme, l'Italia dal tunnel». Per il sindaco di Roma la linea tenuta finora da Berlusconi (è pronto a dire sì ad una nuova legge elettorale solo se immediatamente dopo si andrà al voto) è «inaccettabile». Lui, di elezioni, non vuole sentirne parlare e non solo perché il suo sostegno al governo Prodi è fuori discussione, ma perchè «la riforma elettorale da sola non basta a far uscire dalla crisi il sistema politico italiano». Per Veltroni l'obiettivo è «dar vita a un bipolarismo virtuoso e non più forzoso, in cui gli schieramenti si fondano sull'agenda delle cose da fare». Quanto alla legge elettorale poi, per il segretario del Pd il sistema elettorale tedesco «va benissimo», a patto che si introducano correttivi che rafforzino la «stabilità politica» e il bipolarismo. «Altrimenti - sottolinea - ci saranno 6-7 partiti che più o meno oscillano tra il 7% e il 27% creando una situazione in cui si fa grande fatica a fare governi stabili». Insomma questa è la posizione del Pd, prendere o lasciare. Ma se nella ormai ex Cdl si registra un clima tutto sommato favorevole al confronto, è nell'Unione che Veltroni dovrà sudare sette camicie per far quadrare il cerchio. Soprattutto i «piccoli» del centrosinistra, infatti, temono un «inciucio» tra Veltroni e Berlusconi che dia vita ad una legge elettorale che favorisca i grandi partiti e che segni la fine della coalizione. Il «rischio inciucio», avverte il capogruppo del Pdci alla Camera Pino Sgobio, è dietro l'angolo. E mentre il ministro della Difesa Arturo Parisi attacca frontalmente Veltroni («Tu hai nostaglia del proporzionale, io dell'Ulivo...»), il vicesegretario del Pd Dario Franceschini prova a gettare un po' di acqua sul fuoco: «Noi lavoriamo a un'intesa amplissima anche con il partito più grande della coalizione, ma in un Paese normale cercare consenso sulle regole istituzionali non c'entra nulla con l'azione riformatrice del Governo». Al rischio di un inciucio non crede nemmeno il presidente della Camera Fausto Bertinotti: «Dal punto di vista del metodo c'è una centralità del Parlamento che basta far vivere. Da quello del merito non vedo in nessuno dei protagonisti di questa vicenda un interesse a determinare un'intesa alle spalle di qualcun altro».