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Welfare, per il governo seconda fumata nera

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[...]fra i «pezzi» dell'Unione sulla modifica del protocollo firmato il 23 luglio dal governo e dalle parti sociali. Da un lato la sinistra radicale, che vuole cambiare l'intesa per consentire una maggiore copertura «sociale» e una più equa distribuzione del benessere, dall'altro i liberaldemocratici guidati da Dini che pensano soprattutto alla copertura economica. Già martedì lo scontro e l'atteggiamento di Rifondazione ha provocato l'interruzione del vertice. Ieri il copione si è ripetuto, con la seconda giornata di fumate nere e il solito nulla di fatto. Insomma, la fine del tunnel è ancora invisibile. Ma, intanto, la Commissione Lavoro della Camera va avanti. E ieri la decisione di far passare l'emendamento che elimina uno dei vincoli per definire usurante un lavoro ha sicuramente segnato un punto a favore della sinistra radicale. Non sarà infatti più obbligatorio fare riferimento, per ottenere tale qualifica, a una norma che obbligava ad almeno 80 giorni di lavoro notturno all'anno. E questo apre indubbiamente la strada (anche se il governo sostiene che le coperture finanziarie rimarranno invariate) a un'estensione del conseguente diritto al pensionamento anticipato rispetto ai cosiddetti scalini previdenziali; quelli introdotti dal ddl e che pure già attenuano gli scaloni della riforma Maroni. Ma evidentemente questa concessione non basta ancora a Rifondazione, Comunisti italiani e Sinistra Democratica. La contesa verte soprattutto sull'eliminazione della possibilità di impiego temporaneo a chiamata (job on call) e la modifica della norma che consente una deroga all'obbligo di assunzione permanente di chi è impiegato per 36 mesi con contratto a termine. E Comunque il ministro del Lavoro Cesare Damiano ha smesso di escludere a priori che su questo testo si possa porre l'ennesima fiducia. Si è limitato a dire che la questione «è prematura». Secondo il capogruppo dell'Udeur alla Camera Mauro Fabris, «l'ala radicale del centrosinistra deve scegliere da che parte stare: se favorire quello che hanno votato cinque milioni di lavoratori o se innescare la crisi di governo e tenersi lo scalone di Maroni. Liberissimi di fare quel che vogliono, ma ognuno - conclude il capogruppo Udeur - si deve assumere la responsabilità delle proprie decisioni». Da Palazzo Chigi sfoderano il consueto ottimismo: «Sul ddl di riforma del welfare, ora all'esame della Camera, si continua a lavorare seriamente e in modo costruttivo e positivo», fanno sapere fonti governative. Ma il tempo stringe. Solo dopo aver chiuso in commissione Lavoro, infatti, si potrà ottenere il parere delle altre commissioni e mandare il testo in aula entro lunedì 26. Entro il 29 il deve uscire da Montecitorio per passare al Senato. Ed è qui che comincerà la vera battaglia.

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