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Pecoraro Scanio: «Se lo mollano, candidiamo noi Romano premier»

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Sela ride il leader dei Verdi, oramai sempre più vicino al premier Romano Prodi, con il quale sta stabilendo quasi un'alleanza strategica. Se la ride, dunque, Pecoraro mentre lascia la Camera da un'uscita secondaria. E si lascia scappare qualche confessione. Ministro, lei è favorevole alla grande coalizione? «Favorevolissimo. La facciano, la facciano pure». Lei aderirebbe? «Per noi sarebbe un regalo. Se si fa non potevano pensare a un regalo migliore per noi». Ma secondo lei ci sono le condizioni per fare la grande coalizione? «Le condizioni da parte di chi? Perché la situazione cambia notevolemente a seconda del punto di vista dal cui si guarda la scena». Be', Berlusconi l'ha proposta a Veltroni. L'intesa, se s'ha da fare, è tra loro due. «E allora procediamo con ordine. A Berlusconi potrebbe convenire. Toglierebbe di mezzo Prodi, riuscirebbe nella spallata che sta provando da mesi. E poi Berlusconi non teme contraccolpi elettorali». In che senso? «Nel senso che è sempre riuscito a far digerire ai suoi qualunque cosa, non avrebbe alcun problema a spiegare che ha dovuto fare la grande coalizione. Il punto è da quest'altra parte». Veltroni avrebbe più difficoltà? «Allora, ricapitoliamo. Io mi auguro che si faccia, avremmo solo da guadagnarci. Guardi quello che è successo in Germania». È una situazione diversa... «Sarà pure una situazione diversa ma Berlusconi ha detto che è a quell'esperienza che sta guardando. E allora, in Germania i Verdi sono saliti al 12%, tutta la Linke, la sinistra alla sinistra della Spd, è al 15%. Per noi sarebbe un regalo». D'accordo, ma non vi dovreste chiamare comunisti? «E lo dice a me? Proprio a me che non lo sono mai stato? Le dirò di più, ci dovremmo chiamare Sinistra Popolare. E sa chi dovremmo candidare alla guida del Paese?» Chi? «Romano Prodi». Vabbè, sta scherzando. «Mica tanto. Veltroni ricordi quello che accadde con l'Asinello. Mandarono via Prodi da Palazzo Chigi e subito dopo fu fondato dai prodiani il partito dei "Democratici" che chiese il rimpasto al governo D'Alema. Insomma, quel signore lì, il professore, è uno che non molla. E, se permette, direi anche che è un pochettino vendicativo. È meglio che se lo ricordi chi pensa di sbarazzarsene». Ma pensa che Veltroni stia davvero lavorando a quell'ipotesi? «Non credo ce la farebbe a reggere. No, credo di no. L'elettorato del centrosinistra non capirebbe e quello del Pd men che meno. Si sposterebbe verso sinistra e noi ovviamente saremmo pronti ad accoglierli». F. d. O.

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