Sì della Camera alla fiducia sul decreto che accompagna la ...
Il provvedimento dovrà però superare la terza lettura del Senato dove, dati i tempi stretti per l'esame (il decreto decade il primo dicembre) è probabile il ricorso al voto di fiducia. Una fiducia quella di ieri che Palazzo Chigi definisce «tecnica, non politica» e questo perchè «non si poteva fare altrimenti» e perchè questo provvedimento «dà molto e fornisce strumenti importanti per le famiglie, le imprese e i lavoratori». Il ritorno in Senato sarà però accolto da una serie di «mal di pancia» tra i senatori dissidenti. Come quelli più volte espressi da Fernando Rossi sul bonus incapienti. Durante il primo esame in aula al Senato infatti, grazie a un suo emendamento passato nonostante il parere negativo del Governo, il bonus era stato raddoppiato. Ma alla Camera l'emendamento è stato cancellato riportando il bonus alla forma originale. «Tanto in Senato devono ripassare...» era stato il commento del senatore. Per quanto riguarda il dibattito alla Camera che ha preceduto le due chiamate per la fiducia, il centrodestra è andato all'attacco. Tra gli altri Antonio Leone (Fi) ha definito «guastatore e dissipatore» il governo Prodi, contestando insieme agli altri rappresentanti di centrodestra la scelta di apporre la fiducia malgrado l'Unione possa contare su un vantaggio rispetto all'opposizione di 88 voti. L'Unione ha risposto che la fiducia è solo «un espediente tecnico di governabilità per aggirare l'ostruzionismo». Il decreto stanzia proprio soldi per gli «incapienti», cioè i cittadini a bassissimo reddito, e fondi per un piano casa in favore degli sfrattati e delle giovani coppie. Ma quello che non è andato giù al centrodestra è stata la mancanza di un confronto sulle misure, non solo in aula, ma anche durante l'esame della commissione Bilancio che, di fatto, ha dato via libera solo a 4 modifiche e tutte del Governo.