Passa al Senato la Finanziaria Non basta l'ostruzionismo della Cdl

L’ostruzionismodella Cdl non è stato sufficiente a far slittare ulteriormente il voto, arrivato comunque in tarda serata dopo lunghe ore di discusioni, emendamenti e polemiche. La mattinata di lavori a Palazzo Madama comincia alle 9,35. Per chiudere l'esame del testo manca una manciata di votazioni. Alle 10 c’è il sì alla proposta dei diniani che pone paletti alla regolarizzazione dei precari nella pubblica amministrazione. Un quarto d’ora e arriva una «bastonata» per la maggioranza, battuta su un emendamento di Forza Italia sulla regolarizzazione del precariato su cui aveva dato parere negativo (156 i sì, 153 i no e 1 astenuto). A contribuire alla sconfitta sono Dini, Scalera e i due senatori eletti all'estero Pollastri (Ulivo) e Pallaro (indipendente): sono presenti ma non partecipano al voto. A questi si aggiungono il senatore a vita Colombo e quello dell'Ulivo Mazzarello. Alle 11.22, dopo tre votazioni, il Senato approva. Il testo originario è stato modificato e ampliato. Dopo la sospensione per il pranzo, si riprende alle 15,50. La Cdl fa di nuovo ostruzionismo. Sull'emendamento di Manzione sulla class action si apre un lungo dibattito, sfruttando l'arma delle dichiarazioni sull'ordine dei lavori. Il centrodestra contesta il fatto che l'emendamento di Manzione sia stato modificato senza dar modo all'opposizione di presentare subemendamenti. Poco prima delle 18 la class action è approvata. Questo emendamento è quello che crea più problemi alla maggioranza. La Cdl prima critica, poi si astiene. La norma passa per un voto perchè Dini e Roberto Barbieri decidono di uscire, mentre Ferdinando Rossi, ex Pdci, si astiene. All'Unione mancano così tre voti. Ma gli viene in soccorso involontario il senatore di FI Roberto Antonione. Resta l’ultimo articolo, il 91, sul tetto agli stipendi dei manager pubblici. Andreotti è stanco e se ne va. In aula di senatori a vita ne restano tre, Levi Montalcini, Scalfaro e Colombo. Alle 20.15 passa anche il 91. «Noi abbiamo vinto - è il laconico commento del relatore di maggioranza Giovanni Legnini - Loro hanno perso con dignità». Cominciano le dichiarazioni di voto. Durissima la capogruppo dell’Ulivo. Parla di «indiscrezioni, pettegolezzi, retroscena» sui «tentativi di corruzione, perchè così si chiama ovunque nel mondo, dei nostri senatori», dice Anna Finocchiaro. «Ne hanno parlato esplicitamente alcuni di voi, con accenti lievi e irridenti, come se si trattasse di una cosa così, che si fa, si può fare e si può anche dire. A segnalare che a essere corrotta è un'idea della politica. Di più, mi sbagliavo, che quella non è politica, è cattiva pratica». Dopo Bordon e Dini, si vota. Sono le 22,38. «Credo che stasera il cavalier Berlusconi dovrebbe dire "mi sono sbagliato". — è il commento di Prodi — Da domani la destra deve fare un esame di coscienza, deve fare i conti con una strategia sbagliata, puntata sulla spallata, su conti sbagliati e senza dare risposte sui contenuti». Poco dopo arriva la risposta di Berlusconi: «L'attesa e prevista implosione del centrosinistra si è verificata: le dichiarazioni del presidente Dini e del senatore Bordon hanno sancito la fine di questa maggioranza e di questo governo». Ma subito dopo Clemente Mastella ammette che «Berlusconi è un combattente, gli va dato atto». Poi in aula scoppia una mezza rissa. Guido Viceconte (Fi) e un senatore dell’Ulivo, che gli ha dato del «corrotto», vengono quasi alle mani. La seduta è tolta.