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L'ipotesi del «gruppone» provoca tensioni nel centro ...

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I possibili interlocutori dei tre senatori liberaldemocratici, infatti, non sembrano per niente convinti. A cominciare dai due della componente di Unione Democratica, Roberto Manzione e Willer Bordon, per arrivare all'Udeur di Clemente Mastella (altri tre senatori) fino ai socialisti di Gavino Angius. Dubbi seri avanza Manzione. «Il cammino è ancora lungo», dice l'ex esponente dei Dl, che rimprovera a Dini il non voto al Senato sul suo emendamento per la class action. E poi respinge l'idea che il nuovo gruppo «possa servire a qualcuno per tentare di perseguire interessi personali». Mastella respinge ipotesi di governo tecnici o istituzionali e avverte che, se cadesse Prodi, preferirebbe di gran lunga elezioni subito. E Manzione tira il freno, in attesa di vedere se sarà possibile «condividere un progetto politico o l'idea non rappresenterà banalmente solo una scelta tecnica». Con i socialisti, poi, c'è l'ostacolo della legge elettorale, che i diniani vorrebbero «radicalmente maggioritaria» per usare le parole di Natale D'Amico. Restano Domenico Fisichella, che deve esprimersi, e qualche altro senatore che ha espresso disponibilità, a cominciare dall'indipendente eletto all'estero Luigi Pallaro. La prossima settimana si tireranno le fila del confronto in una riunione al Senato. In gioco ci sono uffici, rimborsi, condizioni di autonomia nell'azione parlamentare. Ma le premesse non sembrano incoraggianti. E per ora le aperture ai diniani vengono dal Pd. Quelle di Prodi, pronto a fornire a Dini «risposte politiche serie», e della Finocchiaro, che invita l'ex premier a ripensarci e indica nell'Unione lo «spazio» per le ragioni di Ld.

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