Fabrizio dell'Orefice f.dellorefice@iltempo.it È sera, ...
Per lui è già cominciata una nuova mini-campagna elettorale che lo porta in giro per la Capitale e poi a Milano a sostenere la raccolta di firme di Forza Italia per chiedere nuove elezioni. Ma è anche il day after il voto al Senato sulla Finanziaria, il governo che ha tenuto, niente crisi all'orizzonte, gli alleati che prendono le distanze a cominciare da Gianfranco Fini. Sono ore in cui non c'è leader politico che non pronunci la parola «dialogo». Berlusconi no, va dritto per la sua strada. Vicende politiche che si intrecciano a quelle personali con tutta An offesa per un servizio di Striscia la notizia. Presidente, ma non si sente solo, lasciato solo? Accerchiato? «Sono contento di essere accerchiato. Mai come ora ho goduto di tanto consenso nel Paese. Lascio a tutti gli altri, alleati compresi, i giochi di palazzo e il teatrino della politica. Ha visto quello che è successo ieri (giovedì, ndr) al Senato?». Sì, e allora? «Allora è stato chiaro. Nel palazzo hanno trovato un accordo, fuori, nel Paese, l'Italia è con me». L'Italia è con lei? «Certo, questo governo ha il 20% del consenso. L'altro 80% è con me». Gonfia il petto Berlusconi. E non fa nulla che qualcuno gli faccia notare che Prodi è sempre lì e va avanti lo stesso: «Se il governo cade, andiamo dritti alle elezioni. E allora subito dopo noi non faremo come hanno fatto loro, noi proporremo una grande stagione per le riforme». E vabbè, e se non cade? «Se non cadono, questo governo continuerà a perdere consenso». Dal governo a Fini, l'amico Gianfranco infuriato per un servizio di Striscia la notizia su di lui e sulla sua nuova compagna, Elisabetta Tulliani. Il Cavaliere sospira: «Non ho nulla da rimproverarmi. Se qualcuno mi tira in ballo per un servizio di Striscia, che devo dire? Come si può pensare che io sia il mandante di quel servizio? Con tutto quello che fanno a me tutti i giorni. Naturalmente Fini ha ragione. L'altro giorno - sia chiaro - non è stato lui a chiamare me, ma io ho chiamato lui per dirgli che non era bello quello che gli era successo, quello che gli hanno fatto è incondivisibile. Sono addolorato per quello che gli è successo». Da Striscia alla legge elettorale. Berlusconi è così. È un po' il suo mondo che alterna continuamente tv e politica. E allora da Antonio Ricci, l'autore del tg satirico di Canale 5, a Walter Veltroni e la sua proposta di un mix di sistemi tedesco e spagnolo. Il leader della Cdl non si scompone: «Ci sono tante posizioni diverse nella maggioranza e quella posizione (di Veltroni, ndr) non è tanto netta, tanto chiara. Non conviene nemmeno ad An, voglio vedere se approveranno un testo che rischia di farli scomparire». I minuti scorrono in una giornata in cui la parola più usata, forse anche abusata, è «dialogo». Berlusconi la pronuncia anche lui anteponendo un fragoroso e ripetuto «no». «È difficile sedersi a un tavolo, non ci sono spazi per il dialogo», sottolinea. E taglia corto, preferisce tornare al voto del giorno prima a Palazzo Madama: «Per ora c'è stato un passaggio della Finanziaria, bisogna attendere che cosa succederà dopo, quando tornerà al Senato. Intanto, tutto è andato meglio di quanto prevedessi». Addirittura? «Ma certo - risponde con tono ringalluzzito -. Sapevo che nessuno sarebbe arrivato alla rottura. Me l'avevano detto che non avrebbero fatto la crisi, erano stati chiari. Come mi avevano detto anche dell'etica della responsabilità (citata da Dini in Aula l'altra sera per motivare il suo sì alla Manovrà benché la considerasse negativamente nel merito, ndr). Immaginavo che anche due eletti all'estero condividessero quelle opinioni, non immaginavo che uno di loro lo dicesse come ha fatto. E soprattutto non mi aspettavo invece che anche Bordon e Manzione fossero così chiari, dicessero quello che hanno detto. Ora loro due, assieme a Dini e ai suoi due, fanno un gruppo di cinque senatori. E sarà questo gruppo a decidere che cosa va bene e che cosa no nelle leggi. Sono loro che adesso hanno in mano il potere della legislazione». Prende un attimo di respiro. E s'avvicina un po', abbassa il tono della voce, come se stesse per concedere una vera confessione e aggiunge: «Per questo non credo che questo governo possa andare avanti. E non credo neppure che il centrodestra possa bloccare questo processo». Insomma, se anche nell'opposizione ci fosse qualcuno pronto a farsi avanti. Sorride Berlusconi. Sorride compiaciuto adesso. come se un po' si potesse liberare, raccontare, spiegare. Nell'ultimo periodo si era chiuso in un quasi mutismo rotto dagli impegni in calendario da tempo. Come la partecipazione alla convention de La Destra di Storace sabato e alla convention del Circolo domenica dove in tre quarti di discorso aveva raccontato barzellette e aneddoti, alla fine s'era dedicato un po' alla politica. Negli ultimi tre giorni s'è asserragliato a Palazzo Grazioli, solo un paio di volte s'è concesso un po' di shopping (ma non di senatori) a Largo Argentina, non lontano da casa sua. «Non ho mai messo un euro sui parlamentari, loro hanno fatto shopping di senatori, hanno speso un miliardo di soldi pubblici». Arriva Sandro Bondi e fa cenno che bisogna andare. Lui risponde con una mano, lascia capire che vuole sentire ancora una domanda. Presidente, e Gianni Letta che ha proposto le larghe intese? Lei continua invece a chiedere il voto dopo l'eventuale fine di Prodi? «Io e Letta siamo le due persone più ragionevoli e proponiamo solo cose ragionevoli, non impossibili. Chi l'ha fatta l'offerta (delle larghe intese) a suo tempo? E adesso dovremmo condividere la responsabilità di questa situazione? A parte il fatto che quella proposta di Letta è di qualche mese fa, non mi sembra ci sia il clima di larghe intese o di governo istituzionale. Avete visto che cosa ha detto di me? Be', gli ho risposto.... una cosa che farebbe arrossire».