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Uno sparo e Gabriele si accascia

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Ipotesidiverse e contrapposte per ricostruire i fatti che hanno portato alla morte di Gabriele Sandri, 27 anni, disc jockey e tifoso laziale, freddato da un proiettile mentre era con quattro amici in un'area di servizio a pochi chilometri da Arezzo. A sparare è stato un agente della Polstrada con un decennio di servizio alle spalle, che avrebbe premuto il grilletto due volte per sedare una rissa scoppiata fra sostenitori biancocelesti e juventini. Il giovane romano, ferito a bordo dell'auto sulla quale viaggiava, è morto quasi subito. La notizia diffusa dai media e dal tam-tam delle tifoserie ha portato i vertici del calcio a sospendere Inter-Lazio e Roma-Cagliari (Atalanta-Milan ha fatto la stessa fine per colpa degli ultras in azione allo stadio) e ha provocato incidenti a Roma, Bergamo e Milano. Tutto si svolge in una manciata di secondi, forse un minuto. Le lancette segnano le nove. Gabriele e i suoi amici si fermano all'autogrill «Badia al Pino». Sono in cinque, a bordo di una «Megane Scenic» grigio metallizzato guidata da Marco, 19 anni. Stanno andando a Milano per seguire Inter-Lazio. Nell'area di sosta c'è già o sopraggiunge un'altra auto, sembra una Mercedes. Forse, però, le automobili sono due. Si tratta di supporter napoletani della Juve che vanno a Parma per vedere giocare i bianconeri. I due gruppi si scambiano prima sfottò, poi insulti e, infine, passano alle mani. La dinamica non è chiara. Restano ancora molte ombre. Ma la ricostruzione di Questura e Prefettura aretine fa riferimento a una «rissa». A tracciarla è il questore Vincenzo Giacobbe: «Due pattuglie della sottosezione Polizia stradale di Battifolle che avevano fermato due auto nell'area Badia al Pino, direzione sud, sono state attirate da urla e rumori provenienti dall'aera di servizio dall'altra parte della carreggiata», spiega durante una conferenza stampa. Al suo fianco c'è Roberto Sgalla, responsabile delle relazioni esterne della Polizia, che chiede ai giornalisti di non fare domande sulle indagini in corso. Gli agenti si trovavano a 50-70 metri di distanza e hanno capito di trovarsi di fronte a una «violenta rissa» tra gli occupanti «di almeno tre autovetture», continua Giacobbe. Hanno azionato la sirena e si sono avvicinati di qualche passo. A questo punto, uno di loro ha «esploso due colpi di pistola a scopo intimidatorio». Giacobbe, però, non spiega se il poliziotto ha sparato sempre in aria, se la seconda volta ha mirato ai giovani o se gli è partito un colpo per sbaglio. Il proiettile calibro 9 trapassa il lunotto posteriore laterale della Megane. La pallottola «liscia» il ragazzo accanto al finestrino e raggiunge al collo Gabriele, che è seduto dietro in mezzo ai due amici. Gabriele si accascia sul sedile. La ferita è grave, il sangue scorre. I suoi compagni se ne accorgono o poco prima o subito dopo essere ripartiti, anche su questo finora non ci sono certezze. Percorrono quattro-cinque chilometri, arrivano al casello dell'Autosole di Arezzo e chiedono aiuto. Sul posto accorre un'ambulanza, gli infermieri tentano la rianimazione. Ma è inutile. Il cuore del giovane ha smesso di battere e al personale del 118 non resta il macabro compito di constatare il decesso. La Megane viene sequestrata per essere sottoposta ai rilievi di rito, gli occupanti interrogati dagli inquirenti. Anche l'agente viene ascoltato, senza difensore, dal pm Giuseppe Ledda. E Sgalla conferma che non è indagato, anche se sicuramente lo sarà. Dovrà dimostrare di aver agito nel rispetto dell'articolo 53 del codice penale, che esclude la punibilità di un pubblico ufficiale se fa uso legittimo delle armi. In caso contrario, dovrà rispondere di omicidio colposo o anche di omicidio volontario sotto il profilo del dolo eventuale. Intanto, in attesa dell'autopsia, viene nominato il perito balistico che dovrà accertare la traiettoria della pallottola letale. Dell'altra vettura (o vetture?), nessuna traccia. Una Mercedes simile a quella vista nell'autogrill viene controllata a un posto di blocco, ma dentro ci sono alcuni cittadini moldavi. Introvabili, per il momento, anche il bossolo e l'ogiva «assassina». Nell'area di sosta dell'A1, invece, gli investigatori scoprono due coltelli e due ombrelli rotti, forse usati nello scontro fra tifosi. Una storia agghiacciante, una vita stroncata senza motivo apparente. Ora parenti e amici di Gabriele chiedono giustizia. Gli risponde indirettamente il capo della Polizia Antonio Manganelli: «Nell'esprimere tanto dolore alla famiglia del giovane ucciso - dice - mi sento di assicurare che la polizia saprà assumersi le proprie responsabilità e senza reticenze fornirà massima collaborazione alla magistratura». È quello che speriamo tutti.

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