Fabio Perugia f.perugia@iltempo.it Cambio di strategia. La ...
Del resto 161 senatori della maggioranza che votano tutti allo stesso modo, non si vedeva dai tempi dell'elezione di Franco Marini a presidente di Palazzo Madama. Anche senza l'apporto dei senatori a vita, questa volta, l'Unione avrebbe retto. Segno, questo, che gli uomini di Prodi stanno provando a fare squadra per poi calare l'asso nella manica: accusare il centrodestra di fare ostruzionismo in Aula, di presentare centinaia di emendamenti per rallentare il cammino dell'esecutivo. E questo la Cdl l'ha capito. E bene. Così bene che ha deciso di rinunciare agli attacchi frontali, a giocare il ruolo di un'opposizione spietata. Insomma, stop alla lotta a tutto campo. Niente più scontri frontali, niente più spallate. La Finanziaria, al Senato, va affrontata in tutt'altra maniera. Questa battaglia si vince in un altro modo, spiegano nel centrodestra, se no si rischia di diventare l'attenuante di una maggioranza che non riescie a portare a termine il suo lavoro. Come a dire: il governo non cadrà perché sabotato (o «per corruzione», per dirla alla Prodi), ma per colpa del governo stesso. Il piano B è già iniziato. E per attuarlo bisognerà raggiungere tre traguardi, studiati per essere consequenziali. Il primo è ridurre gli emendamenti della Finanziaria presentati al Senato. La Cdl aveva consegnato quasi mille proposte di modifica della legge Finanziaria, ma ha deciso (e lo ha già fatto) di rivoluzionare gli schemi. Ne ha stralciate ben 325 su 620 presentate. Così è rimasta con soli 300 emendamenti da discutere, un numero consistente che vuole essere un chiaro messaggio al centrosinistra: noi non stiamo facendo ostruzionismo. Questa decisione da parte dell'opposizione è mirata, fondamentalemente, anche alla conquista del secondo traguardo: non dare l'opportunità al governo di poter porre il voto di fiducia su questa legge. Con la fiducia (diventerebbe la numero 22 in un anno e mezzo), infatti, il Senato sarebbe costretto a votare in massa a favore della Finanziaria e liquidarla. Un'alternativa che non farebbe comodo al centrodestra, che ormai non punta più all'affondo mediatico, ma alla reale caduta del premier per tornare subito alle elezioni. Portati a termine i due terzi della strategia, il centrodestra a questo punto non resterà fermo a guardare. Ma sarà pronto a colpire quando la maggioranza sarà più debole. Sarà un lavoro eseguito «ai fianchi», voto dopo voto, cercando di mandare sotto l'Unione a Palazzo Madama più volte possibili. Proverà a sferrare delle vere e proprie «imboscate» quando la sinistra sarà distratta, esattamente come succedeva nella guerra in Vietnam. Insomma, la Cdl si rifugia in trincea in attesa del momento più opportuno per uscire allo scoperto. La lotta politica frontale non funziona più e rischia di essere inefficace, se non autolesionista. Meglio rimanere nell'ombra, mostrarsi disponibili con l'Unione e attaccare a suon di piccole spallatine, ma col giusto tempismo, in attesa della resa del governo.