Laura Della Pasqua l.dellapasqua@iltempo.it Il tema dei ...
All'appuntamento annuale del sindacato c'era un parterre bipartisan dal premier Prodi a Berlusconi, dal presidente del Senato Marini al lelader di An Fini, da Damiano all'ex ministro del Welfare Maroni e poi il numero uno dell'Udc Casini, Fassino, il leader del Pd Veltroni, Gianni Letta e il segretario dell'Udc Lorenzo Cesa. Un parterre che si è dimezzato quando sul palco, dopo la relazione del segretario generale della Cisl Raffaele Bonanni, è salito Prodi. I leader del centrodestra hanno preferito non assistere all'intervento del premier. Casini, Berlusconi, Fini e Maroni hanno lasciato la sala del Palazzo dei congressi dell'Eur. Sia Prodi che Bonanni hanno insistito sul problema della rivalutazione dei salari. «I bassi salari non aiutano lo sviluppo della democrazia interna e la crescita economica del Paese». Per il premier «quello dei bassi salari è un tema da porre insieme alla questione della produttività». In sintesi per Prodi bisogna attuare «politiche di crescita di posti di lavoro ad alta produttività favorendo in particolare il settore della ricerca». Ma Prodi è convinto che un aiuto alle retribuzioni c'è stato con la liberalizzazione dei mercati. «Ogni risparmio sui prezzi dei beni e dei servizi costituisce un aumento di reddito disponibile». Per Bonanni però si è fatto poco e parla della questione salariale come di «un'emergenza sociale». I salari dei lavoratori italiani sono «i più bassi d'Europa, molte famiglie non riescono ad arrivare alla fine del mese sia per il costo della vita che per il peso dei mutui e per la necessità sempre più frequente e diffusa di ricorrere ai prestiti bancari per sbarcare il lunario». La situazione si è aggravata negli ultimi anni. «C'è stato un forte logoramento dei salari e delle pensioni e la diseguaglianza sociale è diventata molto più grave che nel resto d'Europa e vicina all'America». A questo si aggiunge, dice il sindacalista, «un balzo dell'inflazione, che covava da tempo e che non sembra avere soste». Che fare? Bonanni sollecita una «nuova stagione di contrattazione di secondo livello», sostenuta da misure di incentivazione fiscale e previdenziale. Chiede al Governo una «significativa riduzione» del carico fiscale sui reddito da lavoro dipendente e da pensione. E invoca un «patto sociale per lo sviluppo» come unica via per uscire dalla condanna della bassa crescita. Bonanni ha polemizzato con la sinistra radicale contraria, «per una vecchia pregiudiziale politica, all'abolizione della sovracontribuzione sul lavoro straordinario». E sulla questione dei salari il leader della Cisl ha detto che si attende a breve una convocazione da parte degli imprenditori. Chiede un tavolo di confronto per riformare i contratti giacchè le regole del '93 «mostrano i segni del tempo». Le parole non cadono nel vuoto e il direttore generale della Confindustria Maurizio Beretta ribadisce che «da anni gli industriali stanno cercando di aprire un tavolo di confronto sul merito». Il problema delle retribuzioni è legato strettamente a quello della precarietà. La flessibilità, secondo Bonanni non va demonizzata come invece fa la sinistra radicale, ma «chi è più flessibile deve essere pagato in più e deve essere maggiormente tutelato». Damiano ha ribadito quanto ha anticipato a Il Tempo, ovvero che il governo pensa «nel medio periodo a una riduzione della pressione fiscale sulle retribuzioni».