Anna Finocchiaro, la più amata dal Quirinale

LaManovra nata bocciata, nel senso che il giorno in cui è stata varata già veniva data per spacciata, pronta a essere cassata dal Parlamento. Su di lei, Anna Finocchiaro, grava il compito di portarla a termine. Tocca a lei, capogruppo dell’Ulivo al Senato, chiamare i senatori, parlarci, tastare loro il polso, assicurarsi che nella maggioranza sia tutto in ordine, che non vi siano defezioni improvvise. Certo, attorno a lei c’è una squadra che l’assiste. C’è Nicola Latorre, a cui è legato da una vecchia amicizia e un’antica frequentazione dalemiana. E c’è il rutelliano Luigi Zanda, che controlla i centristi. C’è Antonio Boccia che bombarda i senatori con sms per aggiornarli sulle ultime novità. L’allenatore è lei. Ed è anche il capitano in campo. È il regista. E la protagonista, la primadonna. Già, la prima donna del Pd. Veltroni l’ha voluta nell’esecutivo del nuovo partito. Insomma, tutto sembra ruotare attorno a lei. Sarà per questo che Giorgio Napolitano l’ha chiamata al Quirinale una decina di giorni fa, proprio mentre a Palazzo Madama stava per cominciare l’iter del decreto fiscale che accompagna la Manovra. Tra i due, tra il presidente della Repubblica e la Finocchiaro c’è un’antica amicizia. Che negli ultimi giorni è diventato feeling. Due giorni dopo il Capo dello Stato ha rinnovato l’appello a fare le riforme che Anna s’è subito affrettata a condividere: «L’appello del Capo dello stato va raccolto, serve collaborazione da parte dell’opposizione». Non solo, ha anche applaudito all’esempio del Quirinale di tagliare le spese: «Il Palazzo ha ridotto i costi, è un segnale di sensibilità, è stato di esempio il Quirinale, che pur non coinvolto dalla norma, ha voluto dare un segnale importante, definendo questo comportamento virtuoso per il prossimo anno». Insomma, la capogruppo dell’Ulivo al Senato è diventato il controcanto del Colle. Napolitano parla e lei dice che è d’accordo, ma che bravo, ha ragione. E non da oggi. Già il 13 ottobre, in piena polemica Storace-Quirinale, avverte: «Esprimo la mia solidarietà al presidente Napolitano e chiedo che tutta la Cdl condanni sena alcuna distinzione l’attacco rivolto al presidente della Repubblica». Evviva, non solo controcanto ma anche avvocato difensore. Che, forse, per un magistrato figlia di magistrato è quasi un insulto. Chi frequenta spesso le stanze del Quirinale spiega: «La stima è fuori discussione. Ma gli incontri con i capigruppo dei partiti sono all’ordine del giorno». Sarà, ma Franceschini, l’omologo della Finocchiaro alla Camera, sul Colle s’è visto molto meno. Al Quirinale tuttavia in tanti ricordano quelle parole di poco meno che un anno fa. Era il 21 novembre quando Napolitano avvertì: per avere le donne ai vertici dello Stato e del governo «i tempi sono maturi da un pezzo anche in Italia». E spiegò che non si trattava tanto di «approvare norme di legge, quanto quello di apportare modifiche nella vita democratica dei partiti». Insomma, era già allora il momento anche di un premier donna. E non a caso, già allora, in tanto pensarono ad Anna Finocchiaro come possibile premier. S’era pensato a lei ancora prima proprio come presidente della Repubblica, pare fosse un’idea di D’Alema in persona. Lei lascò correre, rispose soltanto dopo quelle parole di Napolitano sul premier donna: «In questo Paese se non si è maschi e non si è di lunghissima esperienza, e quindi anche di una certa età è difficile entrare nelle rose dei nomi. Ciò nonostante io penso che ci siano delle eccezioni». E, in quel momento, forse ha pensato: io, per esempio.