Cerca
Cerca
Edicola digitale
+

Maurizio Gallo [email protected] Sembra incredibile. ...

default_image

  • a
  • a
  • a

Stiamo parlando con una signora quando, dalla campagna circostante, spuntano come fantasmi tre giovani rom. Uno di loro, giacca scura e camicia beige aperta sul petto, si siede distrattamente sul «dueruote» del fotografo. Verifica prima con delicatezza se il bloccasterzo è inserito, poi dà un paio di botte al manubrio. Noi non interveniamo. Si avvicina, invece, un ragazzo con il cane al guinzaglio, che mima il «no» con l'indice alzato e fa il gesto di prendere il cellulare. E questo è sufficiente per convincere il nomade ad abbandonare il campo assieme ai complici. Una scena di ordinaria microcriminalità nell'area della stazione, frequentata da molti pendolari, studenti e donne sole. Che, comprensibilmente, e non solo sull'onda del feroce delitto di Tor di Quinto, hanno paura. È la Capitale delle frontiere, dove non si può dire «non nel mio cortile» perché la convivenza è stretta, obbligata e fonte di inevitabili rancori. Dove le regole sono un optional, la sicurezza una chimera e la «questione nomadi» si vive sulla pelle, ogni giorno e ogni notte. «Io col buio qui non ci vengo anche se finora non mi è successo niente - spiega una ragazza che aspetta l'autobus - A due miei amici, però, hanno rubato la macchina». La metà delle persone con cui parli qui hanno subito un furto, un tentativo di rapina, un'aggressione. Quando calano le tenebre, infatti, lo scalo del Nuovo Salario (un quartiere molto lontano dai parametri della vecchia, misera borgata romana) diventa terra di nessuno. «La sera evitiamo, se possibile - conferma Cristina, 53 anni, casalinga che vive nel quartiere da 30 - Poco tempo fa hanno preso a bastonate una signora e il figlio che uscivano dalla stazione. E poi non è solo quello. Guardi, qui c'erano due macchine distribuisci-bibite: prima le hanno saccheggiate e poi quest'estate le hanno bruciate. Se dobbiamo prendere il trenino per Fiumicino o per la Tiburtina, cerchiamo di tornare con la luce ma d'inverno è difficile - continua la donna - Ci vorrebbero più controlli o almeno una videosorveglianza. Invece, niente...». Il tunnel che attraversa i binari e arriva fino all'aeroporto dell'Urbe è chiuso con un grosso lucchetto: «Anni fa ci violentarono una poveretta - ci dice un uomo - E meno male che da una settimana è stato sgomberato uno dei campi abusivi qui vicino. Ora sono rimasti in pochi, anche se creano sempre problemi». L'autista del bus fermo al capolinea racconta che la gente in attesa di un altro mezzo sale sul suo perché è terrorizzata e non vuole restare sul piazzale: «Li faccio stare qui finché non arriva il loro bus, non me la sento di dirgli di noi», spiega. Ma, come dicevamo, basta chiedere per sentirsi riferire una storia nuova. C'è l'anziano che racconta della signora accoltellata per rapina. Il ragazzo che riferisce che «si so' presi a bastonate, italiani contro stranieri». La vecchietta rassegnata, perché tanto il treno lo deve prendere. Che ingoia la paura come una medicina cattiva: «Chi ti aiuta? Qui strilli, strilli e non ti sente nessuno. È una cattedrale nel deserto». E le «autorità»? Oltre a mettere qualche lampione in più sul piazzale, non si sono mosse. «Questa zona è un concentrato di problemi, abbiamo gli insediamenti lungo i due fiumi e le prostitute sulla Salaria - sottolinea Cristiano Bonelli, capogruppo di An in IV Municipio e presidente della Commissione sicurezza - Quattro mesi fa i vigili urbani hanno monitorato la situazione e scoperto 23 insediamenti abusivi. Il rapporto è arrivato in municipio e in Campidoglio. Vuole sapere che è successo? Assolutamente nulla».

Dai blog