Quello che Veltroni sa benissimo e non dice
Decisivoin questo è il fattore tempo, per cui non è lecito guardare ai fatti dell'oggi e dell'immediato futuro mescolandoli indissolubilmente con quelli del domani e del dopodomani. Cominciamo dalla prospettiva di più lungo periodo. Da questo punto di vista l'operazione santificata con l'assemblea di sabato a Milano è un'operazione di grande portata. Chi lo nega è miope. Per dimostrarlo basta un piccolo esempio. Proviamo per un attimo a portare l'orologio indietro di cinque anni. Margherita e Democratici di Sinistra sono i pilastri della coalizione di opposizione al governo Berlusconi. Chi scommette un euro sul fatto che nel giro di qualche anno troveranno la forza di fondersi in un unico partito, senza perdere troppi dirigenti per strada? Sinceramente nessuno. Ecco quindi che va accettata come vera la tesi secondo cui la nascita del Pd è novità di primissimo livello per il nostro sistema politico. E per giunta novità positiva, capace di produrre effetti rilevanti nel medio e lungo periodo. Su questo punto Veltroni mostra di avere le idee giuste, mettendo in chiaro l'assoluta matrice post-ideologica del nuovo soggetto politico, sforzandosi di ridurre il peso delle nomenklature ereditate dai partiti fondatori, spingendo l'acceleratore verso uno nuovo modo di intendere l'impegno politico, facendo cessare la stagione dell'odio verso l'avversario (stagione che peraltro è la sinistra ad aver inaugurato, prima con Craxi e poi con Berlusconi). Sotto questo profilo anche nel centro-destra occorre al più presto promovere una riflessione autentica, senza farsi troppo condizionare dai favorevoli sondaggi di questi mesi. Dove invece la partita si complica assai è nel presente o nell'immediato futuro. In questo spazio temporale il Pd deve confrontarsi con due situazioni decisamente spinose. La prima è la convivenza con il governo Prodi, la seconda è la partecipazione ad un'alleanza rissosa, multiforme ed incoerente. Qui Veltroni dovrà sudare sette camicie per portare a casa risultati decenti. E questo per tre motivi. Il primo è che non c'è Paese occidentale in cui la leadership della coalizione di governo è separata dalla guida dell'esecutivo. La seconda è che nella maggioranza convivono linee programmatiche incompatibili, basti vedere che fine hanno fatto i Dico, tanto per fare un esempio. La terza è che la conflittualità crescente finisce per penalizzare tutti, mettendo a rischio anche il debutto nelle liste elettorali del nuovo partito. Ecco perché è impossibile pensare che non sia nell'interesse di Veltroni e del suo nuovo partito mettere in pista una forte discontinuità, anche rispetto al governo. Veltroni si tiene giustamente alla larga dalla polemiche, avviando un giro di consultazioni sul tema delle riforme. I nodi però, prima o poi, vengono al pettine. Il sindaco lo sa benissimo, anche se non lo dice neppure sotto tortura.